Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
La recensione libraria
La storia di Saul: padre e compagno
del Movimento operaio stabiese,
raccontata con orgoglio dal figlio
Vita privata e pubblica di un uomo che ha lottato
per un mondo migliore. Da Rubbettino editore
di Andrea Vulpitta
Può capitare, nell’approccio alle prime pagine di un libro, di avvertire la netta sensazione di trovarsi davanti a qualcosa di già letto o, almeno, ad una storia e a sentimenti che già si conoscono. Leggendo l’ultima fatica editoriale di Matteo Cosenza, giornalista e direttore de il Quotidiano della Calabria, Il compagno Saul (Rubbettino, pp. 144, € 10,00), la memoria è andata ad un testo da noi recensito anni fa sulla testata Bottegascriptamanent (si veda http://www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=88&ricerca=passione+politica). Il libro che Cosenza dedica alla memoria del padre, infatti, narra di un mondo e di un modo di fare politica oggi difficilmente comprensibili se non affrontati con le conoscenze fornite dalla Storia. Un mondo dove i valori erano – come ben rappresenta nella Prefazione Luigi Vicinanza, collega e stabiese come Cosenza – «lo stabilimento come luogo centrale della vita sociale e della produzione, la classe operaia come classe dirigente, il partito come strumento per conseguire l’egemonia politica ma anche insolito luogo di affetti, amicizie, vincoli di duratura solidarietà». Le circostanze sono ovviamente diverse: nel libro recensito nel 2007 si narra di un bracciante (Girolamo Tripodi da Polistena) approdato alle Camere, mentre qui si racconta di un operaio degli storici cantieri navali di Castellamare di Stabia e dell’impegno politico rimasto lontano dalle stanze del potere e dalle poltrone. In entrambi i casi, comunque, il sentimento, l’appartenenza ad una comunità che supera i propri interessi e spesso anche quelli di famiglia sono gli stessi.

Tradizione comunista
Il testo propone la storia del compagno Saul, padre di Matteo, descritto sin dalla nascita, da quel nome straniero, rigorosamente con l’accento sulla u, tramandato da generazioni, che pone sin da subito problemi anche all’anagrafe. Il libro inizia con un racconto struggente che spiega come, all’interno del cimitero di Castellamare di Stabia, Saul sia sepolto in una sorta di monumento insieme a due compagni di vita e di lotta. Procedendo nella lettura, si comprende meglio quel mondo grazie alla spiegazione dei colleghi più anziani dell’operaio Saul, orfano di padre, entrato a quattordici anni in cantiere dove il lavoro è duro, si deve imparare in fretta il mestiere e sopportarne i duri ritmi anche se egli godeva di un evidente trattamento di favore e di protezione. «Tuo padre Saul era un comunista, un nostro grande compagno di lavoro e non solo. Gli volevamo tanto bene». Così Matteo scopre anche che, nei due anni di calvario di malattia del papà, ogni quindicina (la paga veniva erogata ogni quindici giorni), nonostante la fame e il regime fascista, i colleghi si tassavano, in segreto, per raggranellare il salario che portavano alla moglie. Non manca il racconto sull’incompatibilità tra la fede cattolica e quella comunista, tra santini e fughe dalla parrocchia.

La vita con la tuta blu addosso
La vita di Saul, raccontata da Cosenza, deve essere stata ingombrante non poco per un figlio che sceglie, arrecando un dispiacere al papà, di non seguire le sue orme politiche, ma di andare verso Napoli per fare il giornalista. Non solo ingombrante, ma anche imbarazzante, in particolare quando, crescendo, il giovane Matteo visita casualmente diversi luoghi di lavoro di Castellammare di Stabia che conservano, esposte, immagini fotografiche del compagno Saul, testimone ed espressione di tante battaglie. È un racconto, come dicevamo all’inizio, di un approccio, in particolare con la politica, ai giorni nostri incomprensibile. Immaginiamo un operaio di oggi che, al telefono con un esponente di spicco del proprio partito (nel caso di Saul si trattava di Giorgio Amendola), rifiuta la candidatura al Senato della Repubblica con questa affermazione: «Sono più utile al partito, per queste cariche ci sono tanti compagni che possono fare benissimo». I racconti sono molti, racchiudono una vita fatta di valori e di gesti significativi. C’è il ricordo dell’avanzata impetuosa della camorra con le sue infiltrazioni e il tentativo di mettere le mani anche sul cantiere navale e la conseguente partecipazione, nonostante la febbre alta, alla manifestazione contro il crimine organizzato: «Ci hanno sfidati, ma non l’avranno vinta. Io devo stare su quel palco anche in barella se fosse necessario. Devono sapere che non ci fanno paura. Non metteranno le mani sul cantiere».

I momenti più tristi e il ricordo
Non manca nel libro il riferimento al devastante terremoto che colpì la Campania nel novembre del 1980, lo sgomento, lo smarrimento e l’incoraggiamento ricevuto, a Castellammare di Stabia, da Enrico Berlinguer in persona, che invitava Saul a farsi forza per ricominciare e ricostruire anche un sentire comune. Purtroppo, però, egli non ne ebbe la possibilità perché, proprio mentre raccontava ad alcuni compagni, in una fredda giornata di gennaio, l’amarezza per non aver potuto recuperare tante cose care nella casa danneggiata dal sisma, si sentì male per strada e a nulla valse la corsa verso l’ospedale. Morì a cinquantacinque anni e il giorno dopo, ai funerali celebrati sotto un cielo gonfio di lacrime, lo ricordò con affetto l’attuale Presidente della Repubblica. Un ultimo omaggio Cosenza lo compie pubblicando i necrologi di Saul apparsi sui giornali in occasione del suo decesso. Sfidando l’intimità dei ricordi, l’autore conclude il libro con immagini di vita pubblica e privata del papà, quasi a voler onorare la memoria di un padre troppo presto strappato all’affetto dei tanti che in vita gli hanno voluto bene.

Andrea Vulpitta

(direfarescrivere, anno X, n. 97, gennaio 2014)
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