Anno XXI, n. 230
aprile 2025
 
La recensione libraria
Eugenio Scalfari: mito giornalistico
scalfito senza servilismo su certi temi
da una penna irriverente ma obiettiva
Un libro scomodo ma sincero proposto
dalla Società editrice Dante Alighieri
di Guglielmo Colombero
È indubbiamente un fatto singolare constatare che Eugenio Scalfari, icona ormai leggendaria del giornalismo politico italiano da quasi mezzo secolo, non abbia mai dismesso i panni di Alfiere del Libero Pensiero e, nonostante ciò, si sia sempre dimostrato un tantino refrattario alle critiche, soprattutto se provenienti non da destra (come sarebbe prevedibile e scontato, vista la profonda avversione nutrita nei suoi confronti da parte di un certo Cavaliere) ma da quella cultura di sinistra alla quale egli ha sempre, e con passione nei decenni, sostenuto di appartenere.
Il saggio che Francesco Bucci, studioso serio e preparato, ha dedicato a questa grande figura, Eugenio Scalfari. L’intellettuale dilettante (Società editrice Dante Alighieri, pp. 158, € 14,50), non vuole assolutamente apparire come dissacratorio o provocatore. Non è ispirato da intellettuali, o presunti tali, che di Scalfari sono sempre stati acerrimi antagonisti (fino a spingersi sulla soglia della diffamazione): basti pensare a Vittorio Feltri, a Giuliano Ferrara, ad Alessandro Sallusti. Bucci, con un’indagine tanto metodica quanto ben documentata, si addentra nello Scalfari-pensiero senza alcun timore reverenziale, ne sviscera le ricorrenti contraddizioni e gli evidenti paradossi, con uno sguardo lucido e, sì, talvolta un pizzico irriverente, ma mai astioso né, tantomeno, offensivo. Chiunque sia stato per molto tempo un lettore attento e puntuale de la Repubblica ne ha distillato spesso preziosi insegnamenti sulla difficile arte d’interpretare la fantasmagorica e talvolta kafkiana realtà politica del Belpaese, splendidamente rappresentata. Scalfari si è sempre dimostrato un inquisitore lucido e implacabile dei mali che, sin dal primo embrione di storia repubblicana, affliggono il Potere in Italia e altrove (ci riferiamo in particolare a quello stato nello stato che è sempre stato, e sempre sarà, il Vaticano): contiguo, in questo, agli indimenticabili Ennio Flaiano e Mino Maccari. Non ha mai preteso di sembrare equidistante: il suo fervore etico, talvolta, ha rasentato l’ottica manichea, ma sicuramente esiste un abisso fra la partigianeria disinteressata di uno Scalfari e la faziosità servile e prezzolata di un Sallusti. Lo Scalfari meno convincente, dal punto di vista etico e morale, sarà sempre preferibile al polemicamente brillante Ferrara, tanto per citare un esempio lampante di protervia giornalistica e malafede politica.

Delitto di Lesa Maestà culturale?
La questione è spinosa: i “mostri sacri” del giornalismo italiano tendono oppure no a racchiudersi in un sarcofago incontaminato, che sarebbe sacrilego e blasfemo profanare con critiche sia pure costruttive e propositive? La tendenza sicuramente esiste, ed è riscontrabile non solamente nella figura di Scalfari. Un altro grande giornalista, Indro Montanelli, si mostrava spesso altrettanto suscettibile e insofferente verso chi ne criticava le posizioni. Come quando qualcuno osò contestare la sua affermazione, palesemente falsa, che nel 1940 «tutti gli italiani, chi più chi meno, erano da considerare fascisti». Bucci, più che un critico, appare un chiosatore molto rigoroso dello Scalfari-pensiero: non è certo da imputare a lui se il Nostro, in più occasioni, incorre in clamorosi svarioni filosofici. Del resto, chi esercita la nobile professione di Oracolo della Pubblica Opinione non ha l’obbligo giuridico di essere ferrato in Storia, Filosofia, Diritto e quant’altro. Bastano alcune nozioni indispensabili, di base (un “minimo sindacale” di cultura che molti giornalisti non possiedono affatto, specie fra quelli di area berlusconiana). Ovviamente, questo retroterra talvolta non rende immuni dai lapsus e dalle gaffes: è fisiologico incapparvi, talora per stanchezza, altre volte per scarsa o frettolosa documentazione. Nei suoi saggi politico-filosofici, il Divo Eugenio, di tanto in tanto, le ha sparate veramente grosse: con eleganza e con classe, questo è indubitabile, ma quando un’opera cinematografica fa venire l’orticaria, non importa che sia firmata da un Bergman o da un Antonioni. Si ricordi L’adultera, girato dal grande Maestro svedese negli anni ’70: Paolo Villaggio l’avrebbe definito una “boiata pazzesca”, e tale era, anche se il regista era uno dei migliori al mondo; due anni dopo avrebbe firmato uno dei suoi capolavori, Sussurri e grida.

Un pacato esercizio del diritto di critica
Ora, il saggio di Bucci risulta tutt’altro che ostile allo Scalfari-pensiero: anzi, il lettore potrebbe agevolmente constatare che, fra le pieghe del testo, affiora una sostanziale condivisione delle battaglie portate avanti dal Nostro con ammirevole coraggio e con limpida coerenza. Ma nessun intellettuale può concedersi il lusso di vivere su una perenne rendita di posizioni acquisite in passato: Scalfari ha sempre difeso le istituzioni democratiche con la rettitudine di un paladino senza macchia e senza paura, ma quando scrive delle corbellerie è tenuto a risponderne come chiunque altro. E, in ambito filosofico e scientifico, la penna gli è scappata di mano più volte: non è stato facile trovare un editore disposto ad avventurarsi nella pubblicazione del saggio di Bucci, ma la Società editrice Dante Alighieri di Roma ha lanciato il fatidico guanto di sfida, a riprova del fatto che, nel Belpaese, qualcuno ancora è refrattario al tacito obbligo di allinearsi supinamente su una delle due sponde opposte: o a favore di un tiranno corto di pensiero e di statura, oppure a fianco di un suo implacabile oppositore altrettanto suscettibile quando viene messa in discussione una sua affermazione dai fondamenti poco solidi. Il Pensiero Laico, che non riconosce l’infallibilità del papa, non può usare due pesi e due misure e inchinarsi, invece, di fronte a quella di Scalfari. L’essenza più autentica del Pensiero Critico, del quale il Nostro ha sempre difeso a spada tratta l’inviolabilità, ne uscirebbe irrimediabilmente devastata.

Guglielmo Colombero

(direfarescrivere, anno IX, n. 94, ottobre 2013)
invia commenti leggi commenti  

Segnala questo link ad un amico!
Inserisci l'indirizzo e-mail:

 


Direzione
Fulvio Mazza (Responsabile) e Mario Saccomanno

Collaboratori di redazione
Ilenia Marrapodi ed Elisa Guglielmi

Direfarescrivere è on line nei primi giorni di ogni mese.

Iscrizione al Roc n. 21969
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza n. 771 del 9/1/2006.
Codice Cnr-Ispri: Issn 1827-8124.

Privacy Policy - Cookie Policy