«La bellezza e la vera ricchezza sono sempre così a buon mercato e vengono disprezzate. Il paradiso potrebbe essere definito come il luogo che gli uomini evitano». Queste poche righe possono essere considerate come lo slogan del saggio di Henry David Thoreau Tinte Autunnali (Edizioni Galassia Arte, pp. 72, € 6,00), che trova la sua prima traduzione italiana con Chiara Gallese. Leggere quest’opera è come avere accesso al diario dell’autore che, attraverso il contatto diretto con la natura, combatte una silente ribellione contro i dogmi sociali che fomentavano l’ipocrita moralismo di cui era intriso il pensiero americano del tempo.
Henry David Thoreau nacque a Concord nel luglio del 1817. Sebbene appartenente ad un famiglia modesta, si laureò a Harvard e per alcuni anni si dedicò all’insegnamento, per poi lavorare nella fabbrica di matite del padre. Negli anni successivi, il filosofo collaborò con la rivista The Dial. Divenuto amico e assistente di Ralph Walson Emerson, s’impose come uno dei maggiori rappresentanti del riformismo trascendentale. Il suo riformismo partiva dall’individuo prima che dalla collettività ed esaltava uno stile di vita a stretto contatto con la natura. Nel 1845, per la voglia di sperimentare una vita bucolicamente semplice e per l’accanita protesta contro il governo, si stabilì presso il lago di Walden, in una tenda rudimentale da lui stesso costruita. In questo periodo l’attivista poté dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e all’osservazione della natura. Questa profonda esperienza di vita, fisica e mentale, fece maturare in lui la convinzione della necessità di un ritorno alla natura come presupposto per un rinnovamento spirituale. Un anno più tardi Thoreau, rifiutatosi di pagare la tassa che il governo imponeva per finanziare la guerra schiavista contro il Messico, trascorse una notte in carcere. Questa fu un’esperienza molto forte per il filosofo, che nel 1849 scrisse il saggio Disobbedienza civile, opera in cui denunciava la sua totale opposizione alla guerra contro il Messico.
Personalità del calibro di Lev Tolstoj, Mahatma Gandhi e Martin Luther King trassero ispirazione da tale saggio, che criticava la politica della violenza sui popoli. Thoreau fu anche autore di riferimento per la beat generation e per il pensiero radicale nordamericano degli anni Sessanta, poiché una profonda conoscenza delle religioni orientali e del pensiero mistico indiano aveva gettato le basi del suo pensiero filosofico, risultato ultimo dell’equilibrio tra cultura e natura.
A spasso con Thoreau
Conoscere la vita di Thoreau aiuta il lettore a comprendere la condotta rigida e costante di un uomo spigoloso e forte, non solo nei lineamenti, ma anche nei giudizi e nella dialettica. Il linguaggio chiaro e armonioso dell’attivista c’introduce in un ambiente naturale in generale, e boscoso in particolare, in cui ad ogni passo s’incontra la maestosità dell’autunno, mentre le foglie secche, arricciate e fragranti si frantumano, denunciando ogni presenza. Quando Thoreau ne comincia la descrizione, che per molti versi può definirsi fotografica, ammonisce i superficiali che scambiano la maturazione delle foglie con la loro morte. Durante le sue passeggiate l’autore rimane colpito dalla brillantezza dei colori che avvolgono la terra come un guanto. La caduta delle foglie preannuncia la fine di un altro anno e il rosso ardente dell’autunno, che volge al marrone, ne è il segno. Più volte il filosofo rileva l’incapacità di molti di decifrare i codici della natura, la cui grandezza è espressa dall’autore con la minuziosa descrizione delle panicelle, dell’acero rosso, della quercia scarlatta, dell’acero da zucchero, dei noci americani, dei sommacchi e degli olmi. Sulle panicelle americane Thoreau scrive: «Che privilegio camminare in mezzo a queste cascate di viti viola, dritte e ramificate, che mantengono e diffondono un bagliore simile al tramonto, gustandole una per una attraverso i propri occhi, invece di contare i tubi di scarico in un porto di Londra!». Lo scrittore si trastulla tra gli steli di queste piante e i suoi pensieri si snodano lungo percorsi poetici ed idilliaci, dai quali traspare il misterioso senso della natura. Troppo spesso le persone non considerano una tale perfezione, poiché, se la guardassero con i giusti occhi, ne resterebbero sopraffatti. Secondo Thoreau infatti: «Ogni umile pianta, o erba, come la chiamiamo noi, è lì per esprimere un nostro pensiero o stato d’animo, eppure quanto tempo rimane lì invano!».
Lungo il bosco, i sensi dell’autore si “risvegliano” e dentro gli steli, sugli arbusti o tra le foglie, vede gli stati d’animo umani, cangianti come i colori e le luci d’autunno. Circondato da imponenti olmi, scrive: «Anche ora, il primo di ottobre, o più tardi, gli olmi sono al culmine della loro bellezza autunnale, grandi masse bruno-gialle, scaldate dal loro forno di settembre, appeso sopra la via principale. Le loro foglie sono perfettamente mature. Mi chiedo se c’è qualche maturazione corrispondente nella vita degli uomini che vivono sotto di essi. […] Varrebbe la pena di esporre questi alberi, anche solo per il loro valore autunnale. Pensate a queste pensiline o grandi parasole gialli tenuti sopra le nostre teste e le nostre case per tutto un miglio, che rendono il paese un tetto unico e compatto – un olmeto, che è, allo stesso tempo, un vivaio di uomini! E poi con quanta delicatezza e discrezione fanno cadere il loro fardello e lasciano filtrare il sole quando si vuole, le loro foglie cadono sui nostri tetti e nelle nostre strade silenziosamente, e così il parasole del villaggio viene chiuso e messo via!». Intorno al sedici ottobre, come c’informa l’autore, cadono le foglie, di cui dice: «Questo, più di ogni semplice grano o seme, è la grande messe di tutto l’anno. Gli alberi stanno ripagando la terra con interesse per ciò che hanno preso da essa. Stanno facendo uno sconto. Stanno per raggiungere lo spessore di una foglia alla profondità del terreno. Questo è il modo splendido in cui la Natura crea il suo fango, mentre io patteggio con uno o l’altro uomo, che mi parla di zolfo e del costo del carro. Siamo tutti più ricchi per il loro decadimento. Sono più interessato a questa coltura che al solo prato inglese o al grano. Prepara la futura terra vergine per i futuri campi di grano e per le foreste su cui la terra ingrassa. Mantiene la nostra fattoria in buona salute».
Come monito all’intera umanità, Thoreau scrive: «Lascia che sia la Natura a dare il nome ai giorni, siano gli stessi negli Stati confinanti o meno, e lascia che il clero legga i suoi proclami se riesce a capirli». Ed infine il filosofo appunta: «Queste foglie luminose che ho citato non sono l’eccezione, ma la regola, perché io credo che tutte le foglie, anche le erbe e i muschi, acquistino colori più brillanti poco prima della loro caduta. Quando arrivi a osservare fedelmente i cambiamenti di ogni umile pianta, scopri che ognuna ha, prima o poi, la sua peculiare tonalità autunnale; e se ti impegni a stilare una lista completa delle tinte brillanti, sarà quasi altrettanto lunga quanto l’elenco delle piante attorno a te». Un testo compatto e affascinante, il cui stile netto e pulito, ne consacra la classicità. Un insieme di profonde riflessioni sui colori della vita che esplicano l’esistenza nel suo divenire, e nel suo ripercorrere le diverse stagioni.
Daniela Vena
(direfarescrivere, anno IX, n. 91, luglio 2013) |