Lo stereotipo della nostra Italia “mafia, spaghetti ’n’ mandolino” è un’amara verità che emerge dalla descrizione, sapientemente costruita, nell’ultimo, attesissimo romanzo del giovane autore campano Pierre Arkansas.
Nella lettura ci si trova catapultati in un vortice di situazioni che vanno dalla criminalità all’incesto, confermando l’immagine che all’estero, purtroppo, vantiamo, già celebrata dalla storica copertina del ’77 sul settimanale tedesco Der Spiegel, che ritraeva una pistola su un piatto di spaghetti, e lo scorso anno rivisitata, sempre dallo stesso periodico, nell’illustrazione di Berlusconi in versione gondoliere, circondato da due sirene seminude, che porta l’Italia lontana dell’Europa.
Il paese ha bisogno di rinnovarsi: è questo il messaggio dell’intrigante psychological romance pulp action crime dal titolo Suspended Chronicles. Puoi prevedere tutto. Tranne la tua vita (Albus editore, pp. 88, € 11,00); il ritratto realistico dell’Italia dei giorni nostri ci invita a riflettere e a formulare valutazioni obiettive su noi stessi, fino al punto di presentare senza mezze misure i risultati della schiavitù all’egoismo, alla cattiveria e alla bramosia.
Dal cinema alla letteratura
Prima parte di una trilogia che comprende i due seguiti Suspended Memories e The Final Chronicles, il romanzo presenta un taglio cinematografico (l’omonimo film, in produzione, uscirà nelle sale nel 2014) dal ritmo incalzante, con continui e improvvisi flashback, che dilatano la scansione temporale, concedendo l’illusione di vedere in azione i protagonisti. La scelta di romanzare una sceneggiatura è originale e si adatta alla richiesta del pubblico moderno di una lettura filmica, capace di catturare la sua attenzione.
Non vi è traccia di indignazione nel racconto delle vicende dei protagonisti, segnati da traumi del passato che non riescono a superare, come l’esperienza in orfanotrofio, l’adozione, la separazione da una persona cara, l’assenza di un padre o la presenza soffocante di una madre. Si assiste, anzi, a una presentazione diretta e molto cruda della realtà: le piaghe sociali dei nostri tempi emergono nelle storie dei diversi personaggi.
Per Gioia, studentessa universitaria, il sesso facile diventa un gioco, effetto della noia e della solitudine. La giovane, cresciuta senza un padre, da sempre ricerca negli uomini più adulti qualcuno che la faccia sentire al sicuro e la protegga. Purtroppo si ritrova circondata da amici come Alan che, nella frettolosità sociale ed economica in cui viviamo, non prestano attenzione alla sua interiorità, poiché troppo impegnati nell’acquisto di auto lussuose e di beni superflui. Gioia tradisce il suo fidanzato Fedele, emblema dell’uomo innamorato che pur conoscendo l’amara verità del tradimento, decide di far finta di nulla e le chiede persino di sposarlo. Di fronte alla proposta lei gli rivela, in un linguaggio al limite della decenza: «A me piace farmi scopare da quelli più grandi di te che sanno sbattermi veramente… in albergo, per strada, al parco, ovunque… come una puttana… una vera puttana! […] non mi è mai fregato un cazzo di te e della tua vita, Fedele Bonetti!». Al che la violenta sulla scia dell’ira e dell’esasperazione.
L’amante è un professore universitario, Alberigo, insoddisfatto della propria vita, stereotipo dell’italiano mammone, morbosamente attaccato alla gonnella della madre, che si impone nella sue scelte di vita con prepotenza. Un rapporto di dipendenza, quindi: una figura materna dominante che impedisce al figlio di emanciparsi, e un figlio che farebbe di tutto per non deludere l’amata mamma. Il professore vive di avventure amorose, tra cui, si scoprirà, anche con la madre di Gioia, la quale, lasciando intendere che tra la ragazza e Alberigo sia stato consumato un rapporto incestuoso, determinerà la fine della relazione tra i due.
In parallelo si snoda la vicenda degli orfani Eva e Goran, che, ancora bambini, giungono in Italia dalla Russia alla ricerca di una famiglia e sono costretti a separarsi quando Goran viene adottato da una famiglia calabrese. Eva, invece, rimane in orfanotrofio per tutta la vita. Contraddistinta da innata bontà e sempre pronta ad aiutare il prossimo, decide di iscriversi al corso di laurea in Psicologia pedagogica. Nutre una grande ammirazione per la direttrice dell’orfanotrofio che l’ha cresciuta e, tenendola all’oscuro, ne ha impedito l’adozione sin da subito. La direttrice reagisce così alla propria drammatica sterilità. La frustrazione per la mancanza di un figlio la spinge all’egoismo e tiene Eva con sé per soddisfare il proprio ossessionante desiderio, che si è trasformato in vero bisogno di vivere la maternità. Un altro personaggio secondario, ma di grande rilievo, è Angelo, custode dell’orfanotrofio, che cerca di dissuadere la direttrice dalle sue ingiuste ed egoistiche pretese sulla vita di Eva, ma viene minacciato da quest’ultima, poiché a conoscenza delle molestie di lui nei confronti di una minorenne disabile. Goran, lontano dalla sorella, subisce crudeli atti di razzismo da parte dei suoi compagni di scuola e, nella più completa solitudine, si affianca a cattive compagnie. Entra a far parte di un gruppo di criminali, che spaccia droga, uccide e organizza giri di prostituzione. Proprio quando ritrova finalmente Eva e sembra voler cambiare vita, tutto viene stroncato dal suo omicidio.
Uno scrittore impegnato
Pierre Arkansas è da considerarsi autore impegnato per l’entità dei temi affrontati, diviso per via dei numerosi progetti lavorativi tra Stati Uniti (New York e Los Angeles), Russia (San Pietroburgo e Mosca) e Italia. In questo breve romanzo regala una profonda riflessione sui grandi quesiti dell’umanità: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” (per riprendere l’emblematico dipinto di Gauguin) e, entrando in contatto con la sensibilità di ognuno di noi, ci spinge al cambiamento.
Dayana Borzomì
(direfarescrivere, anno IX, n. 87, marzo 2013)
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