Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La recensione libraria
Tra Storia e finzione, impero e papato,
un astro femminile brilla nel Medioevo,
epoca di incontrastati eroi maschili
Da Aliberti editore, le vicende umane e politiche
di Matilde di Canossa, marchesa di Toscana
di Angela Patrono
Quando si pensa ai personaggi chiave del Medioevo, viene subito in mente un elenco di nomi altisonanti declinati al maschile: principi, re, condottieri, che con le loro abili e spregiudicate mosse sullo scacchiere della Storia si sono aggiudicati fama e gloria a palate da tramandare ai posteri. Nell’età considerata buia per antonomasia, insomma, non avrebbero brillato astri femminili. Eppure, tra i vari Federico Barbarossa e Roberto il Guiscardo, spicca un personaggio che con le sue scelte sagge ma intraprendenti ha cambiato il volto dell’Europa a cavallo tra l’XI e il XII secolo: Matilde di Canossa.
La marchesa di Toscana e la sua avventurosa vicenda hanno fornito ad Alessandro Carri lo spunto per un libro strutturato come un romanzo ma – nonostante qualche concessione squisitamente narrativa – aderente ai fatti storici: Matilde. Una paziente mediatrice tra impero e papato (Aliberti editore, pp. 224, € 16,00).
L’autore, protagonista della scena politica emiliana tra gli anni Settanta e Novanta, ha più volte avviato con azioni concrete la promozione e divulgazione della figura di Matilde. Eletto sindaco di Ciano d’Enza nel 1975, si è impegnato in prima linea per la valorizzazione del territorio matildico, incoraggiando varie iniziative a carattere turistico-culturale. Nel 1985, grazie alle sue proposte, il comune di Ciano d’Enza è stato ribattezzato “Canossa” ed è stata approvata la legge regionale “Promozione e valorizzazione delle zone matildiche dell’Emilia Romagna”.

Matilde: la persona dietro il personaggio
Il libro segue le vicende umane e politiche di Matilde, tracciando il ritratto di una donna tenace, forte e a tratti compiaciuta di se stessa, dai saldi ideali politici e dalle grandi doti diplomatiche. Ma non solo. La Matilde di Alessandro Carri è anche una giovane capace di passare notti insonni divisa tra la ragion di stato e quella del cuore, o un’anziana in preda al rimpianto della maternità perduta. La Matilde umana e quella politica sono le due facce della stessa medaglia, proprio come i due poteri diametralmente opposti che influirono sul suo pensiero: impero e papato.
La contessa restò sempre fedele alla visione teocratica e riformatrice di papa Gregorio VII, sostenendo le tesi del Dictatus Papae che aveva provocato la scomunica dell’imperatore Enrico IV, il quale aveva provveduto alla nomina arbitraria di principi e vescovi. D’altra parte, Matilde «sperava nell’adozione di una “via intermedia” rispetto alle due visioni di assolutismo, papale e imperiale, che si scontravano e che andavano combattute». Conscia dei mutamenti sociali in atto, frutto di mezzi di produzione all’avanguardia e nuovi soggetti emergenti, allo stesso tempo la contessa condivideva la riforma moralizzatrice della chiesa e si schierava con il papa, pur non disdegnando, almeno inizialmente, il dialogo con Enrico IV. Su questo, suggerisce Carri, avrebbero influito anche questioni affettive. L’autore immagina una brevissima relazione tra la contessa e l’imperatore, cugini e amici d’infanzia, quel tanto che basta a lasciare il rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere. Perché l’idillio sarà destinato a sfumare, sopraffatto dalla ragion di stato.

Un’eroina di grande umanità
Durante un incontro al castello di Mongiovanni, Matilde discusse con fervore la proposta di conciliazione tra impero e papato, ponendo le premesse della cosiddetta “umiliazione di Canossa” affinché sovrano e pontefice ritirassero le accuse reciproche. L’evento ebbe luogo il 28 gennaio 1077, quando il re si presentò scalzo e vestito di saio davanti al papa e Matilde stessa, in modo da ottenere la revoca della scomunica e stabilire rapporti più distesi con il pontefice. Tale umiliazione, però, non venne recepita a dovere dai vescovi scismatici, i quali, temendo di perdere l’autonomia, fomentarono rivolte che sfociarono in battaglie cruente su entrambi i fronti. Tra Matilde ed Enrico IV calò il gelo: la contessa decise di «stringere una solida alleanza con il papa», il re la dichiarò «rea di lesa maestà, deponendola da tutte le funzioni imperiali con la confisca dei suoi beni». Avendo subito una seconda scomunica, l’imperatore nominò l’antipapa Clemente III e il pontefice rispose eleggendo re Rodolfo di Baviera. In questa situazione travagliata Matilde rimase ferma sulle sue posizioni filopapali, rifiutando ogni resa incondizionata e cercando di stringere alleanze. In particolare, il libro illustra la resistenza di Monteveglio contro le truppe tedesche in cui «gli assediati, incitati da Matilde, compirono veri e propri atti di eroismo». Il potere di Enrico IV si indebolì sempre più, tuttavia in Matilde «non venne mai meno la […] fedeltà all’Impero anche se, rivendicando il proprio ruolo di autonomia, aveva cercato la via della mediazione e dell’intesa con la Chiesa contro ogni assolutismo». Infatti, sperò in un accordo sulle “investiture” anche con il successore del cugino, Enrico V, che la ripagò da tutte le sventure patite proclamandola viceregina d’Italia. Ma il più bel titolo che ricevette dal giovane re fu quello di “madre”, «un dono immenso per una donna che aveva avuto solo una figlia, scomparsa in tenera età». Il desiderio di maternità di Matilde riecheggia in ogni pagina del libro, nell’incontro con una bambina dallo stesso nome della figlia perduta, nel suo amore per gli ultimi, nei suoi appelli alla pace e alla concordia. Non a caso, una delle ultime volontà della contessa fu di «liberare i suoi servi»: consapevole dei mutamenti sociali, restituì dignità alla persona umana in un atto che precorreva i tempi.

Il fascino del territorio matildico
L’autore è attento nel ritrarre la realtà medievale emiliana in tutta la sua complessità, dalle feste nobiliari ai villaggi della povera gente, dove la stessa Matilde si ferma ad assaporare il latte appena munto o un uovo fresco. Le pietanze tipiche, ad esempio, sono descritte in tutta la loro varietà. Colpisce, inoltre, il particolare interesse per l’architettura e la natura del territorio matildico, dove ogni collina, chiesa, castello è avvolto da un’aura di meraviglia che contagia gli stessi personaggi. Segno di rispetto e ammirazione da parte dell’autore per quei luoghi e per la grande donna che li rese importanti.

Angela Patrono

(direfarescrivere, anno IX, n. 86, febbraio 2013)
invia commenti leggi commenti  

Segnala questo link ad un amico!
Inserisci l'indirizzo e-mail:

 


Direzione
Fulvio Mazza (Responsabile) e Mario Saccomanno

Collaboratori di redazione
Ilenia Marrapodi ed Elisa Guglielmi

Direfarescrivere è on line nei primi giorni di ogni mese.

Iscrizione al Roc n. 21969
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza n. 771 del 9/1/2006.
Codice Cnr-Ispri: Issn 1827-8124.

Privacy Policy - Cookie Policy