Questo mese proponiamo un’interessante articolo su uno degli ultimi libri del noto giornalista e scrittore Fulvio Abbate, da sempre refrattario a ogni tipo di censura e omologazione culturale. Con il suo piglio ironico e irriverente, egli narra di come abbia concepito, sfruttando appieno i mezzi di comunicazione contemporanei, la sua tv monolocale. Alla recensione segue un’intervista, firmata da Serena Belfiore, allo stesso Abbate, con il quale abbiamo avuto occasione di conversare di questo suo esperimento (e non solo).
La redazione
XXI secolo: invasione multimediale, il computer è diventato un bene di prima necessità, nasce un nuovo modo di concepire la letteratura, l’ebook.
Per quanto conservatori e legati alla tradizione si possa essere, è necessario fare i conti con la realtà in cui si vive. Del resto l’arte, per sopravvivere, è sempre andata di pari passo con i tempi in cui si è trovata a nascere. E se il presente è impregnato di web e reality, è giusto che gli artisti si adeguino a tali standard, onde evitare di rimanere esclusi e intrappolati nel limbo di tutto ciò che è stato già detto e fatto. E se, per di più, l’informazione si ritorce contro se stessa negando il principio liberale da cui nasce, a quel punto l’artista è addirittura tenuto ad inserirsi nel sistema sfruttando le proprie risorse.
Spesso pare che il susseguirsi delle correnti artistiche si sia interrotto, che certuni si riconoscano nelle ultime avanguardie dello scorso secolo, e questo rappresenta motivo di sconforto per gli artisti che non sanno più dove collocarsi e come definirsi.
Probabilmente, a posteriori, questo periodo sarà etichettato come web-art piuttosto che intern-art. Poco importa, intanto Fulvio Abbate nel Manuale italiano di sopravvivenza (Cooper, pp. 238, € 12,50) fa bene a lanciare la sua «sfida mediatica»: basta guardarsi intorno, aprire gli occhi, e utilizzare ciò che abbiamo a disposizione, mettendo in atto una sorta di “operazione MacGyver”, come il celebre personaggio televisivo noto per la sua capacità di creare armi e trappole con qualunque mezzo avesse sotto mano per tirarsi fuori dai guai. Così Abbate intende non solo proporre una reazione con la sua televisione monolocale dal nome altisonante di Teledurruti (dall’anarchico rivoluzionario spagnolo Buenaventura Durruti, evidentemente eroe leggendario per l’autore), ma, partendo dalla sua personale esperienza e sperimentazione, dare anche la possibilità di farlo a chiunque lo volesse, attraverso una serie di consigli elementari.
Primi passi
Poche regole, innanzi tutto, per la realizzazione delle puntate: munirsi di computer e webcam, scegliere un angolo di casa come postazione, entrare nella parte più sincera di se stessi e affrontare qualsivoglia argomento venga in mente, dalla pena di morte alla rapina all’edicolante sotto casa. La televisione monolocale, nutrendosi di lamentele e disappunti, ha sviluppato gli anticorpi contro la censura.
Una volta inseriti i vostri video sul canale multimediale YouTube (su cui potrete creare un account personale per l’occasione), non dovrete fare altro che scegliere un nome che rappresenti la vostra emittente e farvi pubblicità su Facebook.
«Parlare di Facebook è ormai un fatto obbligato», sostiene l’autore in un capitolo dal titolo Utilizza Facebook per farti conoscere dedicato a come pubblicizzare la propria emittente in maniera semplice e veloce e, perché no, efficiente.
Sopravvivere all’estinzione del cartaceo trovando un modo per farsi sentire, dunque. “Sopravvivenza”, appunto, è la parola chiave del tempo presente, in cui vivere onestamente è da perdenti, e in cui pensare con la propria testa risulta inutile a fronte di sì fatto controllo mediatico.
Tra cultura, intrattenimento e libertà di espressione
L’autore, nato a Palermo e laureato in Filosofia, collabora ad oggi con il Fatto Quotidiano ed è noto per lo stile ironico e pungente che lo contraddistingue. Costante che non poteva certo mancare nel Manuale italiano di sopravvivenza, in cui emergono di tanto in tanto tracce autobiografiche, significative per la comprensione dell’esperimento di una televisione libera e personale, come lo stesso sottotitolo spiega: Come fare una televisione monolocale e vivere felici in un paese perduto.
Una serie di capitoli, che costituiscono il nucleo centrale del libro, indirizzano il lettore verso vari modelli da adottare, per articolare le varie puntate in base ad ogni possibilità e gusto: Modello culturale, Modello sessuale, Modello sentimentale, Modello familiare, Modello religioso, Modello io l’ho detto per primo, Modello documentario, Modello alta società, Modello che nostalgia!, Modello nazista.
C’è da dire, a favore dell’autore, che egli possiede una cultura non indifferente, una curiosità “infantile” (perciò preziosa), oltre a un naturale e audace talento da protagonista, elemento essenziale per chi volesse affrontare argomenti di ogni genere e tipo, nonostante egli stesso dichiari di provare vergogna rivedendosi nei filmati da lui realizzati.
Un’invenzione geniale quella della televisione, come conferma l’espressione dei fratelli Lumière riportata nelle primissime pagine del libro: «ora che possiamo fotografare i nostri cari non soltanto immobili, ma anche in movimento, la morte cessa di essere assoluta». Ma il disfattismo dell’uomo è talmente preponderante e insito nella sua natura, da riuscire a distruggere ciò che di utile il suo abile cervello crea ed è per questo che la tv è diventata quello che oggi ci propinano a qualsiasi ora. E Fulvio Abbate, seppure si proponga di trattare dissidi rionali anche inutili, è in grado, nella sua Teledurruti, di affrontare argomenti di scottante attualità e di alta cultura mirati dalla giusta prospettiva. Da Pier Paolo Pasolini ad Albert Camus, da Antonin Artaud ad Andy Warhol, affiancati alla costante e ormai onnipresente figura di Silvio Berlusconi, cui è dedicato un capitolo a parte, Se anche Berlusconi sceglie la tv monolocale: un rischio da evitare!.
In realtà il signor B. l’ha pensata prima ancora di Fulvio Abbate, una televisione in cui fare e dire ciò che vuole, lui che «ha sempre fatto le cose in grande», sostiene l’autore nel capitolo Spiega a Berlusconi cos’è una tv monolocale. E ci è riuscito, inculcando la mentalità che «se non ti conoscono non sei nessuno», come uno dei protagonisti del libro in questione, tale Mauro Fortini, sugnore romano che, per chi non lo conoscesse, si contende, con l’ormai standardizzato Paolini, il primato di presenze mediatiche moleste, con la differenza che lui «prende appunti», tiene a precisare.
L’essenziale è invisibile agli occhi
Davvero poche difficoltà, a detta di Fulvio Abbate, per la realizzazione dello studio in cui svolgere le riprese: un angolo di casa, qualche oggetto significativo ricorrente alle spalle e la musica che preferite da sottofondo.
Nessun vincolo di perfezione professionale audio-visiva: l’autenticità sarà l’unico metro da rispettare per ottenere il risultato auspicato.
«È la semplicità che è difficile a farsi» – così citato Dario Evola dall’autore – è un principio tanto semplice, appunto, quanto saggio.
Un libro dedicato a una donna, Fiorella, moglie dell’autore, e che merita di essere letto per il suo eccesso di attualità e per la sua presa di coscienza rapida e schiacciante e che, anche per questo, è degno di riconoscenza.
Cristina Venneri
La cultura di oggi secondo Fulvio Abbate
di Serena Belfiore
L’intervista a Fulvio Abbate sarebbe dovuta avvenire nel modo più classico: un incontro a Roma, una stretta di mano, un paio di convenevoli e via con le domande. Per sopraggiunti impegni, però, mi sono ritrovata davanti a un bivio: cancellare l’appuntamento o tentare una strada alternativa. Ho optato per quest’ultima. A metterci in contatto, Internet, una webcam: quale miglior modo per conversare con lui di cultura contemporanea?
Dopo avergli inviato un sms d’invito ad aprire Skype la cam si accende…
Ciao Fulvio… Ho visto su teledurruti, la tua tv monolocale, un commento provocatorio di un utente che ti chiede come mai non hai ancora espresso un parere sulla vittoria di Nesi al Premio “Strega”… Che ne pensi?
Mah… non ho pensieri. Non m’interessa, non è cultura. C’è poco sesso… Nesi ha vinto perché leggono le donne, gli uomini si limitano alla Gazzetta dello Sport. Se ci fosse più sesso leggerebbero anche gli uomini.
Bisognerebbe incentivare la lettura…
Sì, ma come? Ho pensato alla raccolta punti, i “puntifiga” (sic!), ma poi terrebbero i punti e butterebbero i libri!
Siamo così messi male?
Sì. Perché oggi c’è una cultura di categoria. Vanno i libri della moglie di Castellitto, la Mazzantini, che leggono appunto le donne. Gli uomini oltre alla Gazzetta leggono tutt’al più i Wu Ming, che sono una tribù di neri superdotati che tirano frecce avvelenate col culo (sic!)!
O i lucchetti di Ponte Milvio…
No, quella è un’altra categoria ancora! Non ne parliamo nemmeno. Non la considero proprio cultura. Ma secondo te in un paese dove si crede a Padre Pio e ai testimoni di Geova c’è cultura? Siamo degli ignoranti!
Hai detto di voler diventare berlusconiano, ma poi hai cambiato idea. Perché?
Non mi ricordo… ma perché essere berlusconiano vuol dire essere tutto! Puoi essere socialista, democratico… Puoi avere tutto e fare come ti pare.
Quindi cedi al sistema.
No! Non cedo al sistema, ma non so come si faccia a dire che B. è la cultura quando è tutto tranne quella. Io una volta ero comunista. Una volta!
E ora?
Ora sono laico!
Nel libro parli di Facebook. Che cos’è per te?
Sesso e micetti! Tutti quei “mi piace” e i commenti sono solo approcci per arrivare alla masturbazione via chat. Quello o le foto dei mici. Adoro i gatti, ma quando vedo quelle foto mi viene una tristezza… Sempre lì a fotografare i baffetti, gli occhietti… Aspetta…
[Si allontana un attimo per tornare all’improvviso]
Ecco il micio! Ecco il micio!
[Sventola un peluche di un gattino nero con una macchia bianca e ridiamo]
E non è altro? Solo sesso e gatti?
Sì.
E Teledurruti?
È un opera d’arte vivente, secondo me. Mi permette di esistere in un mondo letterario senza spazio. Io sono uno scrittore, devo vendere per esistere, ma oggi vende solo la Mazzantini e pochi altri. Parlo, invece di scrivere. Le case editrici falliscono e non se ne sa più nulla. Gli scrittori spariscono nel nulla. Qualcuno ha proposto di non pubblicare più tanti libri, di fare selezione. Ma chi sei per poter decidere! Sarà il mercato a decidere. Il mio ultimo libro, Manuale italiano di sopravvivenza è un falso manuale. È una narrazione biografica… Sto preparando il mio ultimo libro con cui concluderò. Non pubblicherò più. S’intitola Pasolini raccontato ai ragazzi e sarà l’ultimo. Non c’è spazio.
E la tua tv monolocale rimarrà?
Ma certo!
Che cos’è la “danza dei parei”? Questa mattina nella tv monolocale hai fatto questa danza…
Si riferisce a una nota pubblicità, fa vedere lui in vacanza che pesca sulla barca e lei che prende il sole, col pareo. Tutti uguali!
E tu come le passi, le vacanze?
Aspetto che passino!
Mentre parliamo sento una vocina dall’altra stanza, è sua figlia Carla. Ragazzina adorabile e vivace che però non vuole farsi vedere. È ora di pranzo, lo lascio andare. È stata un’intervista divertente in tono amichevole. Ogni tanto all’improvviso sventola il micio gridando «Ecco il micio!» e ridiamo.
Grazie, Fulvio, è stato un piacere. Spero di incontrarti presto.
Grazie a te, anch’io. Un bacio. Ciao.
La cam di Skype si chiude. Confermo la mia stima per Fulvio Abbate e rimango in attesa del suo ultimo, ahimè, libro. Nella speranza di incontrarlo presto, continuerò a guardare Teledurruti apprezzando la sua intelligenza e il suo sarcasmo.
Serena Belfiore
(direfarescrivere, anno VII, n. 68, agosto 2011) |