Anno XX, n. 224
ottobre 2024
 
La cultura, probabilmente
Problemi e prospettive delle biblioteche.
E la necessità di una gestione “nuova”
al fine di favorire occupazione e cultura
Uniformità legislativa, sviluppo di professionalità, uso del web,
rilancio della lettura: ecco gli strumenti per la crescita concreta
di Filomena Tosi
Ho letto con molta attenzione sia la proposta per incentivare la lettura in Italia dell’editore Carmine Donzelli che la replica di Gilberto Floriani, del Sistema bibliotecario, pubblicate entrambe su questa stessa rivista, e non posso che concordare con quest’ultimo. Bisogna però, per un’analisi della questione biblioteche, tratteggiare il panorama che in materia si profila nell’orizzonte italiano, sconosciuto, disgraziatamente, ai “non addetti ai lavori”; considerata la sede, tali linee indicative saranno necessariamente sintetiche.
In Italia si possono riconoscere tre categorie di biblioteche distinte secondo i compiti e le funzioni assolte: di conservazione e ricerca, di ricerca specializzata, di pubblica lettura.
Nel primo gruppo si può inserire il “blocco” delle biblioteche statali: le due nazionali centrali di Roma e Firenze, le altre sette nazionali, le undici universitarie dipendenti dal Ministero dei Beni culturali in quanto sorte prima dell’Unità e quindi appartenenti a stati pre-unitari (quelle di Messina e Catania, insieme alla nazionale di Palermo, dal 1975 dipendono dalla Regione Sicilia) e circa undici biblioteche cosiddette pubbliche statali annesse ai monumenti nazionali nonché il consistente nucleo delle biblioteche militari delle quattro armi storiche (Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri) afferenti, in senso lato, al Ministero della Difesa.
Il secondo gruppo è molto più variegato, comprendendo le biblioteche delle università (di pertinenza del Ministero dell’Università), biblioteche di enti pubblici (si pensi, per esempio, a quella del Cnr (Centro nazionale delle ricerche) e alle strutture librarie nei musei) e di enti privati.
Completano il quadro le cosiddette “biblioteche di ente locale” proliferate soprattutto negli anni Settanta grazie all’istituzione delle Regioni e alla nascita e diffusione degli assessorati alla Cultura, prima inesistenti o inseriti nell’ambito dell’Istruzione.
La situazione giuridica che si viene a creare risulta così estremamente caotica e frammentaria (anche per via di curiosi processi osmotici per cui, per esempio, in mancanza di biblioteche pubbliche cittadine, la “copia” destinata per legge alla Provincia dalla norma in tema di deposito legale finisce alle biblioteche universitarie di pertinenza dello stato); di fatto, soprattutto questo accade negli enti locali, le leggi che dovrebbero garantire la buona funzionalità delle biblioteche risultano del tutto inefficaci quando non nebulose.

La professionalità, un obiettivo primario
Altra nota dolente è la carenza pressoché assoluta di professionalità, spesso concentrata al Sud, soprattutto nelle biblioteche di enti locali, causata sovente sia da deficit legislativi, sia dalla caparbia e diffusa convinzione degli amministratori locali che il lavoro in tale ambito debba essere appannaggio esclusivo dei laureati.
Si deve ribadire che ai sensi del Dpr 1219/84 – profili n. 265 e 266 – deve essere in possesso di laurea (e di altri fondamentali requisiti come la conoscenza della paleografia, la biblioteconomia, ecc…) il bibliotecario (funzionario di qualifica VIII) e il collaboratore bibliotecario e a entrambe le figure spettano compiti di direzione e supervisione; all’assistente di biblioteca, categoria C, spettano le competenze relative all’organizzazione del lavoro in biblioteca, dal reference alla catalogazione, alla gestione della sezione ragazzi. In alcune realtà piuttosto piccole l’assistente di biblioteca (cat. C) riveste il ruolo di bibliotecario unico nel modello della biblioteca monoposto, la cosiddetta Opl (One person library).
Compiti di programmazione ed organizzazione ai primi, quindi, di esecuzione ai secondi.
Un altro colpo non indifferente inferto alla professione è costituito dal proliferare di cooperative ed associazioni sorte in abbondanza per usufruire dei finanziamenti pubblici erogati per i servizi in esternalizzazione (spesso anche si usa il termine <>outsourcing), definendo così quei lavori che, essenzialmente per ragioni di bilancio, vengono affidati a organi esterni la biblioteca, spesso si tratta di servizi di <>reference, di catalogazione... Si tratta di enti i cui riferimenti, spesso, sono individuabili con difficoltà, nell’organigramma abbondano esperti usciti da quelle – per usare le parole di Lucia Carrada, copywriter – «pseudo-facoltà che promettono un futuro luminoso ma hanno una lista di materie e di docenti che ricordano tanto la "Facoltà di irrilevanza comparata" inventata da Umberto Eco nei suoi Diari minimi», e, considerata la precarietà del lavoro svolto, altrettanto spesso non mostrano alcun interesse verso l’aggiornamento e la specializzazione.
A fronte di tanto desolante panorama, esistono, per la difesa della professionalità dei bibliotecari italiani e per la promozione alla lettura, diverse realtà nazionali ed internazionali.
L’Aib, l’Associazione italiana biblioteche, operante in Italia dal 1930, è articolata in commissioni (cito, fra le altre, quella per l’istituzione dell’albo professionale, per la catalogazione, per le biblioteche per ragazzi…), gruppi di studio (sul lavoro discontinuo, sull’indicizzazione per soggetto, il Gris – Gruppo di ricerca indicizzazione per soggetto – sulle biblioteche multiculturali…) e, con le sezioni regionali, è capillarmente diffusa su tutto il territorio nazionale. Si occupa della formazione professionale e, tramite l’osservatorio lavoro, attivo dal 1999, tutela la professione e, conseguentemente, la qualità dei servizi bibliotecari ai cittadini.
L’Ifla è l’International federation of library associations and institutions, ossia l’organizzazione che raccoglie le associazioni di categoria internazionali e ha un ruolo importante nell’uniformità della professione.
Linee guida e manifesti sulle biblioteche pubbliche, sulle biblioteche scolastiche, sulla libertà intellettuale sono stati emanati anche dall’Unesco e importante resta il “Manifesto di Alessandria” del 2005 che, tra l’altro, così recita: «Le biblioteche e i servizi per l’informazione contribuiscono alla piena realizzazione della società dell’informazione globalizzata. Essi rendono possibile la libertà intellettuale, fornendo accesso a informazioni […]. Le biblioteche sono fondamentali per l’esistenza di una cittadinanza bene informata e di un governo trasparente». Malgrado le buone intenzioni tali indicazioni restano solo delle proposte e troppo spesso rimangono lettera morta.

Promozione, una spinta alla lettura
In materia di promozione della lettura in Italia si è già fatto molto; un esempio su tutti è il progetto Aib “Nati per leggere”, concepito con l’obiettivo di promuovere l’esercizio del leggere ad alta voce tra i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni attraverso una serie di iniziative che coinvolgono genitori, scuole, pediatri e biblioteche.
A livello istituzionale il Ministero dei Beni culturali, Direzione generale per i Beni librari e gli Istituti culturali, sin dal 2005 ha creato l’Istituto per il libro, dotato di autonomia tecnica e scientifica, con il fine di coordinare progetti di evidenza nazionale per la valorizzazione del libro e della lettura; realizza e sostiene programmi per la lettura fra i bambini e i giovani, nella scuola, e fra i cittadini di tutte l’età, nelle città e nei piccoli centri, nelle carceri, in tutte le situazioni di aggregazione.
Tutto ciò premesso, ben si evince che i progetti ci sono, le potenziali professionalità anche, i fondi si potrebbero pure reperire (per fare un esempio, il Comune di Reggio Calabria ha bandito una gara d’appalto proprio per la catalogazione del Fondo “Sandicchi” presso la Biblioteca comunale “Pietro De Nava”). Ci si chiede, dunque, perché persiste una situazione a “macchia di leopardo” con biblioteche eccellenti accanto a strutture boccheggianti?

Legislazione, bisogno di chiarezza
Personalmente attribuisco queste differenze proprio alla confusione giuridica che regolamenta la materia; bisognerebbe redigere un testo unico, con tutte le differenti competenze, nel rispetto della variegata realtà bibliotecaria italiana.
Emblematico della situazione di anarchia che regna è il vasto repertorio offerto dai bandi di concorso per bibliotecari. Le tasse (inique) di partecipazione, a volte irrisorie, altre volte eccessive, costituiscono una facile fonte di finanziamento per i fund raiser dei vari enti, oltre a consentire l’inserimento di un certo numero di lavoratori atipici già operanti a vario titolo nella struttura interessata dal bando ed in osservanza a quanto caldeggiato dalla finanziaria 2007 (comma 519 e 529, per esempio).
Leggere i testi dei bandi è illuminante: si scoprono prove con un altissimo grado di specificità dei test, spesso non in linea con il profilo richiesto, e spesso in discordanza con quanto espresso dal bando stesso. Discutibile è anche la circostanza che quasi mai si riescano a pubblicare concorsi per titoli ed esami, proprio laddove la pratica, in una professione come il bibliotecario, e più ancora l’addetto alla catalogazione, è basilare.
Qualche anno addietro l’Osservario lavoro dell’Aib è intervenuto, con una missiva al sindaco, in merito al bando di concorso per titoli ed esami del comune di Menaggio (Co), per la copertura di un posto di “Istruttore bibliotecario” (cat. D) – Area amministrativa in cui si enunciava, fra l’altro, che la prima prova (quella scritta) su un argomento di “Biblioteconomia” sarebbe stata effettuata alle seguenti condizioni: «Cartella dattiloscritta di 60 righe – interlinea 1; il candidato dovrà dotarsi di una macchina da scrivere», sic!!.

Il caso calabrese: bisogno di rilancio dalle biblioteche all’editoria
Ulteriore esempio del danno derivante dalla frammentarietà della realtà bibliotecaria italiana e dalla discrezionalità di amministratori e legislatori poco competenti nel settore, è la legge regionale calabrese: essa è ferma al 1985 (N. 17 DEL 19-04-1985, in BURC n. 20 del 29 aprile 1985) ed è estremamente povera di indicazioni precise; le varie sollecitazioni provenienti da associazioni nazionali ed internazionali restano disattese. Esempio concreto la quasi assoluta mancanza di concorsi per le varie qualifiche (laurea e, lo ripeto, diploma) nelle tante e prestigiose biblioteche calabresi, la difficoltà di seguire tirocini formativi (L. 196/97, art. 18), il proliferare di figure che niente hanno a che fare con la professione, inquadrate nel servizio civile e usate in sostituzione del personale in dotazione organica, un ricorso privo di ordine alla mobilità fra amministrazioni, soprattutto fra i funzionari.
Nel caso calabrese il difetto legislativo riduce il lavoro, in una realtà bibliotecaria regionale ricca ed articolata, a mansioni di tipo impiegatizio; troppo spesso le strutture bibliotecarie si attengono ad orari d’ufficio rigidi, in totale inosservanza del target cui si rivolgono e della customer satisfaction. Un più diffuso e razionale utilizzo del Piano esecutivo di gestione potrebbe senz’altro migliorare la situazione di molte biblioteche italiane la cui debolezza sta proprio nella mancanza di progettualità. Il Peg è, infatti, uno strumento di pianificazione che viene approvato ogni anno dall’ente di appartenenza della biblioteca stessa in cui sono definiti gli obiettivi annuali e le risorse, sia economiche che umane, necessarie al raggiungimento dei suddetti obiettivi.
Quindi, a fronte di valide politiche di promozione della lettura, abbiamo un sistema bibliotecario disomogeneo e una scarsa attenzione alle potenzialità che la rete internet offre al settore. Più in generale, esistono realtà “disastrate”, come quella calabrese, dove il poco interesse al web non è prerogativa delle biblioteche ma anche di molte case editrici. Malgrado infatti esso rappresenti il più potente ed efficace strumento per veicolare informazioni, soprattutto in ambiti territoriali lontani dai grandi centri di produzione culturale, proprio in Calabria sono ancora pochissime le case editrici che hanno siti internet in grado di dialogare validamente con l’utente/consumatore.
Manca una politica unitaria e soprattutto l’editoria calabrese ha spesso costi elevati oppure con un pessimo rapporto qualità/prezzo. Il tentativo lodevole di unirsi in un’Associazione editori calabresi a tutt’oggi sembra asfittico e del tutto improduttivo; questa situazione crea un lettore/consumatore ignaro delle molte e interessanti proposte editoriali con conseguente mancanza di domanda.
In conclusione, la strada da seguire è verso un sistema legislativo che uniformi il settore biblioteche e che ne tuteli le professionalità a beneficio della qualità dei servizi. Un sistema bibliotecario efficace contribuirebbe in modo determinante alla circolazione delle idee, diffondendo la cultura della lettura, e fornendo un aiuto concreto all’editoria; inutile sottolineare i vantaggi occupazionali che ne scaturirebbero proprio in questi ambiti.

Filomena Tosi

PER APPROFONDIRE

- Agostini Nerio, La gestione della biblioteca di ente locale: normativa, amministrazione, servizi, personale, Editrice Bibliografica, Milano, 2002;
- Idem, Gestire una piccola biblioteca: manuale della one person library, Editrice Bibliografica, Milano, 2005;
- Ambrosi Luigi, La proposta di Donzelli: fornire incentivi per avvicinare i nostri giovani alla lettura, in direfarescrivere n. 13, marzo 2007;
- Floriani Gilberto, Un problema ogni giorno più complesso: come poter sconfiggere nel Meridione l’analfabetismo culturale che lo circonda, in direfarescrivere n. 15, maggio 2007;
- Gambari Stefano (a cura di), Biblioteconomia: guida classificata, Editrice Bibliografica, Milano, 2007;
- Sito web dell’Associazione italiana biblioteca: www.aib.it.

Filomena Tosi ha prestato servizio volontario alla Biblioteca militare di Presidio di Reggio Calabria, fino al maggio 2007 (la sede della biblioteca con il Comando Militare cui dipende è stata trasferita a Catanzaro). Da diverso tempo si occupa di biblioteche e cultura calabrese. Il suo intervento segue quello di Gilberto Floriani, del Sistema bibliotecario vibonese, e s’inserisce nell’ambito del dibattito scaturito sulle pagine della nostra rivista grazie ad un intervista a Carmine Donzelli, nel quale il noto editore rifletteva sul problema dell’incentivazione della lettura, specie tra i giovani.

(direfarescrivere, anno III, n. 20, agosto 2007)
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