Quando si parla di media e giovani, il collegamento più semplice e spontaneo da fare è sicuramente quello con un tipo particolare di medium: la televisione. Nonostante l’avvento del computer e di internet, la Tv continua ad avere un forte ascendente sui ragazzi. Ci sono diverse teorie sociologiche che si sono occupate degli effetti dei mezzi di comunicazioni di massa che hanno riscontrato nel comportamento degli utenti una maggiore o minore influenza. Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti, la situazione è ancora più delicata in quanto è in questo periodo che si forma la mente, e si tende ad apprendere mediante l’esperienza che ci fornisce la nostra cultura.
Dunque, oltre che a scuola, dov’è che i bambini passano buona parte della giornata? La risposta è semplice: davanti alla Tv. E’ da questo presupposto che scaturisce l’ormai noto saggio di Karl Popper Cattiva maestra televisione, in cui l’autore mette in evidenza le problematiche legate a un eccessivo utilizzo di questo media. Popper, infatti, non solo ne denuncia i vizi e le volgarità, ma la accusa anche di essere un serio pericolo per la democrazia, in quanto rompe tutti gli equilibri. La maggiore esposizione al medium televisivo, secondo Popper, potrebbe alterare le percezioni psichiche degli eventi reali, il bambino potrebbe credere che tutta la violenza vista in tv sia normale, quindi ne risulterebbe desensibilizzato anche nella realtà. La violenza diventa normalità.
In un’intervista del 1993, infatti, Popper evidenziò nella Tv, un’enorme potenza pedagogica, dal momento che può influire sui comportamenti dei bambini, un aspetto che i produttori televisivi, nonostante le loro ideologie, non possono non prendere in considerazione. Inizialmente propose forme di censura televisiva soprattutto in base alle fasce orarie, e come alternativa, sollecitò i produttori ad una presa di coscienza. In generale ciò che è importante è educare i figli alla cultura della televisione, facendo capire cosa è buono e cosa non lo è. Ulteriori contributi sull’argomento arrivano da Massimo Ammaniti, docente di Psicopatologia generale dell'Età evolutiva presso l’Università “La Sapienza” di Roma, nel testo Crescere con i figli (Mondadori), nel quale egli inizia a riflettere sull’influenza dei media già a partire dall’avvento della radio. Secondo lo psicoanalista, la vera perdita di controllo si ebbe negli anni Cinquanta, quando la qualità dei programmi era già scaduta, poiché l’obiettivo primario divenne improvvisamente l’audience, e ciò determinò l’utilizzo indiscriminato di ogni mezzo e di ogni genere d’immagine.
Oggi sappiamo che i controlli sui programmi sono molto forti: si parte dalle fasce orarie protette fino ai famosi bollini colorati che aiutano il genitore a selezionare i programmi adatti ai propri figli. Anche la qualità delle trasmissioni è aumentata: la nascita di Rai Educational, in questo senso, è un grande esempio, per non parlare della proliferazione dei programmi naturalistici; quanti bambini avranno imparato a memoria la storia dei dinosauri grazie alla Macchina del Tempo?
Questi sono solo pochi esempi, sappiamo, infatti, che sono tante le trasmissioni istruttive che guidano i ragazzi in argomenti complessi che magari risultano noiosi e astrusi sui libri. La televisione, dunque, viene usata sempre più come strumento educativo, insieme al computer; non più uno strumento passivo allora, ma un potente collaboratore, naturalmente quando viene usato con saggezza.
È anche vero però, che la programmazione dei palinsesti, per quanto riguarda questo tipo di prodotti mediali, non sempre segue le esigenze dei ragazzi che dovrebbero fruirne. Non è inconsueto, infatti, trovare programmi di approfondimento in orari notturni o comunque fuori dalla normale fascia oraria dedicata ai giovani. È facile trovare in orari più normali programmi educativi per i più piccoli: L’albero Azzurro, Art Attack, La Melevisione o È Domenica papà, mentre per i più “grandicelli” la programmazione non offre molto più di qualche telefilm o reality.
La Tv: apparecchio elettronico o “membro della famiglia”?
Nonostante i nuovi effetti positivi dei media e della Tv, resta sempre il problema della socializzazione. Bisogna ricordare, infatti, quali erano le abitudini della famiglia “pretelevisiva”. Prima dell’avvento della Tv, in ogni famiglia il momento d’incontro era costituito dalla cena che diventava uno scambio comunicativo importante sul resoconto della giornata.
Oggi, sopratutto a causa dei diversi orari di ogni membro della famiglia, l’incontro della cena non è sostituito da altre occasioni: al massimo si parla davanti al piccolo schermo, in modo frammentario, e comunque commentando il film piuttosto che la giornata. Durante lo sviluppo del bambino, bisogna capire che prima dei tre anni i bambini non riescono a percepire la differenza tra cosa succede nella televisione e ciò che accade nella realtà: tutto ciò che vedono è identico e non riescono a capire che le immagini della Tv corrispondono invece ad una dimensione virtuale. Più avanti negli anni saranno finalmente in grado di saper distinguere i programmi televisivi e i rispettivi generi.
Due psicologi della Yale University hanno recentemente elaborato un rapporto tra bambini e media. La fascia d’età compresa per questo studio è quella fra i 5 e i 14 anni; i dati fanno emergere che il 35% dei bambini ha il televisore nella propria stanza, e ciò facilita l’isolamento durante la cena. Risulta però, in positivo, anche che la visione di alcuni programmi favorisce l’apprendimento. Le cose cambiano un po’ per le ragazze, le quali reagiscono male alla visione di programmi violenti. Infatti, si è verificato che la violenza in Tv ha un forte ascendente sul controllo dell’aggressività, soprattutto se i bambini vengono esposti a questo tipo di programmi prima dei cinque anni.
Tutto ciò può influenzare la vita adulta, tendendo sempre più alla violenza per risolvere i contrasti, proprio per il mancato sviluppo degli adeguati scripts mentali. A creare i danni non è il mezzo televisivo ma i contenuti: ribadiamo dunque l’importanza del monitoraggio da parte della famiglia.
…non solo televisione!
«È impressionante la tendenza ad esporsi a più di un medium contemporaneamente, vivendo quasi in una sorta di acquario multimediale» (Rapporto Censis 2001/2002). Il rapporto con il Pc, ancora secondo il Censis, è qualcosa di diverso: tra le spiegazioni apportate per l’uso del computer e del web ci sono la passione e la voglia di divertirsi, che è un tratto caratteriale delle nuove generazioni, le quali definiscono il Pc un «medium caldo», per dirlo con le parole di Mc Luhan. Con il personal computer essi riescono, infatti, ad avere una relazione emozionale più intensa, molto probabilmente perché esso risulta più interattivo ed esplorativo, grazie anche a interfacce sempre più “avvolgenti” e “coinvolgenti”.
La fascia presa in considerazione dal Censis è quella fra i 14 e i 17 anni. Dalle risposte di questi giovani sembrerebbe che il Pc ha tolto tempo principalmente alla Tv, in particolare tra i maschi (ma lo stesso rapporto conferma la televisione il medium più amato: quasi il 90% delle ragazze e il 94.5% dei ragazzi la guarda tutti i giorni), e ai libri. Radio, giornali e cinema resistono meglio. La voglia di ascoltare musica è, infatti, ancora alta anche se il computer è usato molto per questo scopo, e il sabato sera il cinema è ancora un must per passare del tempo con gli amici. Il maggior cambiamento che risulta nella fruizione odierna con il Pc, è un rapporto non più solo pratico e funzionale, ma anche psicologico, «quasi la realizzazione di un mondo in cui i ragazzi sanno di essere padroni del gioco, un mondo parallelo a quello offerto dagli adulti».
Infatti, analizzando i fattori che si apprezzano in modo particolare su internet, emerge al primo posto, staccando di parecchio tutte le altre valenze, la libertà. La generazione multimediale non vive di solo computer, ma ritiene anche il cellulare una necessità. È rassicurante (soprattutto per i genitori che possono sempre rintracciarli) e assolve un’importante funzione che è quella di tenere in vita tenacemente la “rete” di relazioni di cui i ragazzi necessitano.
Dai dati presi in esame, emerge uno dei tratti che rappresentano i ragazzi di oggi: la necessità continua di “essere in rete”. Un altro dato interessante dal rapporto del Censis affiora dal diverso utilizzo che del Pc fanno i due sessi. Risulta infatti, che il numero di ragazzi che usa il Pc è quasi il doppio di quello delle ragazze: si crea così, chiaramente, un digital divide sul quale bisogna riflettere. La differenza di percentuale è dovuta all’uso diversificato che si fa del computer da parte dei due sessi. Le ragazze tendono, infatti, a collegarsi in rete per scambiare messaggi, chattare, partecipare ai forum; insomma le famose “quattro chiacchiere” fra ragazze. I ragazzi, invece, lo usano per svago, gioco, curiosità o per scaricare software, files musicali e video. Risultano quindi più amanti dei giochi.
Affiora chiaramente l’attitudine al dialogo, alla relazionalità, al confronto tipico della psicologia femminile e quella ludico-esplorativa propria dell’universo maschile, per lo meno nell’età adolescenziale. Questi dati sono molto interessanti, poiché farebbero immaginare che i tanti mezzi di comunicazione vengono utilizzati in maniera diversa a seconda dell’uso che ne vuole fare il fruitore, dal messaggio al gioco.
Simili risultati si hanno per quanto riguarda l’utilizzo del cellulare. Le ragazze tendono ad usarlo per lo scambio degli Sms più comunemente chiamati “messaggini” molto più dei ragazzi. Alcuni non lo spengono mai, questo a sottolineare il desiderio di essere sempre in contatto e comunicare a qualsiasi ora del giorno e della notte, e ovunque ci si trovi; quasi tutti, infatti, abbiamo una persona speciale a cui voler mandare un “messaggino” del buongiorno o della buonanotte. Solo per sapere che l’ultima cosa che abbiamo fatto prima di dormire è stato comunicare… con qualcuno che non è vicino a noi fisicamente.
Francesca Molinaro
Approfondimenti:
- Massimo Ammaniti, Crescere con i figli, Mondadori, Milano, 1999;
- Cristiana Ottaviano, Media, scuola e società, Carocci, Roma, 2001;
- Pier Cesare Rivoltella, Media Education, Carocci, Roma.
(direfarescrivere, anno III, n. 12, febbraio 2007) |