Anno XX, n. 224
ottobre 2024
 
La cultura, probabilmente
L’emigrazione italiana: un avvenimento
epocale denso di speranze e di tragedie,
ben simile a quello degli immigrati d’oggi
Un valore storico d’umanità per capire che agli extracomunitari
va data quella solidarietà che ai nostri nonni fu spesso negata
di Carmine De Fazio
La “piaga” dell’emigrazione ha da sempre toccato molto da vicino l’Italia. È un fenomeno con il quale siamo costretti a fare i conti da tempi ormai memorabili. È molto facile, altresì, cadere spesso nella retorica quando si parla di questo fenomeno, ormai trattato sotto tutti i punti di vista: storie tristi, fatte di volti stanchi e carichi di malinconia per la terra natia lasciata per tanto tempo.
In questo contesto la nostra “patria” (usiamo questo termine perché parliamo di emigrazione) ha purtroppo subito passivamente questo evento, lasciando partire giovani ed intere famiglie verso luoghi lontani alla ricerca di fortuna non sempre trovata.
Un avvenimento epocale che avrebbe dovuto lasciare, nella coscienza collettiva della popolazione italiana, una traccia maggiore in termini di solidarietà verso quelli che sono, oggi, così simili agli emigranti di allora. Ci riferiamo, ovviamente, agli immigrati extracomunitari che hanno così difficoltà a ricevere, da noi “popoli ricchi”, quella solidarietà che, quando eravamo poveri chiedevamo ai “ricchi” di allora.
La creazione del “Museo narrante dell’emigrazione” nato nel cuore della Sila, per volere della Fondazione “Napoli novantanove” (dove con novantanove si richiama alla «Repubblica Partenopea del 1799 [...] con l’obiettivo di contribuire alla conoscenza, alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio culturale di Napoli e del Mezzogiorno», come si legge nel sito della fondazione), in questo senso, è una testimonianza importantissima del ricordo che la Calabria ancora nutre per l’emigrazione.
Il museo sorge all’interno di una vecchia stalla per vacche, ristrutturata dall’architetto Sila Barracco, vicino al Parco letterario “Old Calabria” in un ambiente naturale suggestivo. All’interno della struttura un altro architetto, Anna Cilia, ha ricostruito il ponte di un bastimento che sembra ricordare quello del recente film di Emanuele Crialese Nuovo mondo, che racconta splendidamente il viaggio, carico di desiderio e speranza, verso un mondo sconosciuto. La scenografia e le luci, usate nella ricostruzione del pontile all’interno del museo, riescono a creare suggestione ed emozione.

Italiani alla ricerca "solo" di un po' di fortuna…
Tutta questa atmosfera magica e queste sensazioni sono splendidamente raccolte in un un’edizione elegante del libro la Nave della Sila. Guida al Museo Narrante dell’Emigrazione (Rubbettino, pp. 84, € 14,00) di Gian Antonio Stella, editorialista ed inviato di politica, società e costume del Corriere della sera e Vito Teti, docente di Etnologia presso l’Università della Calabria.
Le foto rare, le didascalie e i testi, sembrano essere create apposta per immedesimare il lettore in questo lungo viaggio tra (e con) le persone che animano i documenti ed i ritratti.
Il libro analizza i vari aspetti legati all’emigrazione ma anche le conseguenze che questa ebbe nei luoghi dove moltitudini di italiani arrivarono. I dati, così, sembrano sconfortanti. Basta dare uno sguardo alle cifre: Usa (cinque milioni e mezzo di persone), Francia (quattro milioni e mezzo), Svizzera (quattro milioni), Argentina (tre milioni), Germania (due milioni e mezzo), Brasile (un milione e mezzo), Canada (seicentomila), Australia (cinquecentomila) e Venezuela (trecentomila).
Idealmente il libro sembra percorrere le tappe degli emigranti: le condizioni di estrema miseria che lasciavano in Italia, un paese violento e povero, dal nord fino al sud, le malattie, i lavori massacranti, i paesi desolati fino al viaggio, l’arrivo, la forza e le ingiustizie nelle nuove terre, e poi, l’adattamento e la rivalsa sociale.
Italiani che hanno portato lustro e ricchezza nelle terre che li hanno ospitati e di cui non vogliamo qui, volutamente, ricordare i famosi nomi, per non sminuire chi, pur non lasciando un segno tangibile, ha macchiato di lacrime e dolore una terra che non gli apparteneva.
Resta così fondamentale l’apporto che questo libro dà alla nostra memoria collettiva, mostrandoci un pezzo d’Italia che partiva – così come tante persone oggi lasciano il loro paese per cercare fortuna nella nostra nazione – un’Italia che soffriva la fame e le malattie, ma che aveva la voglia e la forza di rialzare la testa.
Sembrerebbe, quindi, necessario fermarci e riflettere un po’ quando vediamo o sentiamo parlare di razzismo. Quando ci ricordiamo che gli “extracomunitari”, ora in Italia, sono lo specchio, dopo tanti anni, di come i nostri avi erano quando arrivarono nella loro meta. E quando vediamo qualche parlamentare italiano ed ora europeo, che entrando nello scompartimento di un treno, spruzza disinfettante su due signore di colore, perché, a suo dire, portatrici di chissà quali malattie, ricordiamoci che atti come questo li hanno subiti anche la nostra gente, e quindi, seppur a distanza di tanto tempo, anche noi.

Carmine De Fazio

(direfarescrivere, anno II , n. 11 , gennaio 2007)
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