Elisabeth Eugenie Amalie von Wittelsbach, nata in Baviera la notte di Natale del 1837, è la terzogenita del duca Massimiliano Giuseppe e della principessa Ludovica di Bavaria, figlia dell’elettore Massimiliano di Wittelsbach e sorella dell’arciduchessa d'Austria Sofia. Il padre Max, così com’è affettuosamente soprannominato, è una persona allegra e assai particolare, di idee liberali. La madre viene ritratta dai biografi del tempo come una donna assillata dalle preoccupazioni causatele dal consorte, spesso assente, che provoca scandalo, sperpera il denaro della famiglia e la tradisce. È lei a gestire la famiglia e a educare i figli, che ottengono la loro istruzione in casa, cosa insolita per quell’epoca.
Sisi, e non Sissi (secondo alcuni il suo vero diminutivo fu Lisi, forma diminutiva del nome Elisabeth abituale e diffusa in Baviera e Austria, che fu in seguito erroneamente letto e interpretato come Sisi), come viene solitamente soprannominata, trascorre serenamente la sua infanzia e giovinezza insieme ai suoi sette fratelli soprattutto nel castello di Possenhofen, affettuosamente denominato Possi, sulle sponde del lago di Starnberg. Elisabetta cresce, pertanto, coltivando un immenso amore per la natura e per lo sport, aspetto non proprio comune alle fanciulle di quel tempo.
Ludovica e Sofia ben presto si accordano affinché Franzi sposi la sorella maggiore Elena, soprannominata Nenè, e combinano un incontro tra i due.
Francesco Giuseppe, nato nel 1830 nel Castello di Schönbrunn, era succeduto a soli 18 anni allo zio sul trono austriaco, dopo che Ferdinando fu costretto ad abdicare a causa della rivoluzione del 1848, e in seguito alla rinuncia al trono del padre, l’arciduca Carlo. Con i suoi 56 milioni di abitanti, l’impero era, ormai, una monarchia plurinazionale in cui convivevano cechi, italiani, rumeni, sloveni, tedeschi e ungheresi.
I giochi del destino: diventare imperatrice
L’imperatore, però, è subito attratto dalla sedicenne Elisabetta. Pochissimi giorni dopo il primo incontro, il 19 agosto 1853, viene ufficialmente annunciato il fidanzamento, fissando le nozze per il mese di aprile dell’anno successivo. Quando Sofia chiese formalmente alla sorella la mano della giovane Sisi, pare le fu risposto «non si può certo dire di no ad un imperatore d’Austria». Quel giorno era domenica, proprio per questo pare che Elisabetta amasse definirsi "una figlia della domenica".
Tornati in Baviera cominciano i preparativi e per la giovane donna inizia un intenso periodo di studio che rafforza in lei la consapevolezza dell’importante ruolo che sta per acquisire. Celebre, al riguardo, è la sua frase: «Se solo non fosse imperatore!». Il 20 aprile 1854 Sisi parte per Vienna, dove viene accolta dall’intera famiglia imperiale e dalla nobiltà locale.
Le nozze furono celebrate il 24 aprile 1854 a Vienna nella chiesa degli Agostiniani, drappeggiata di rosso e illuminata da quindicimila candele. Fu il principe arcivescovo di Vienna, il cardinale Rauscher, a unirli in matrimonio. In occasione del lieto evento l’imperatore concesse un’amnistia e acconsentì al ritorno degli esiliati dal Lombardo-Veneto e dall’Ungheria in seguito ai moti rivoluzionari del 1848-49. Nel 1855 nasce Sofia, che morirà a soli due anni. L’anno successivo viene alla luce Gisella e nel 1858 l’atteso erede maschio: Rodolfo. Nel 1868, nasce Maria Valeria, la prediletta di Elisabetta.
Sisi, e non Sissi, e la sua «prigione dorata»
Sisi era una donna molto bella, dai lunghissimi capelli castani alla cui cura dedicava diverse ore al giorno. La principessa aveva un punto vita di 47 cm, era alta 1 m e 72 cm, pesava soli 50 kg. Seguiva, pertanto, diete particolarmente rigide e praticava una costante attività fisica. Le piaceva scrivere poesie e apprezzava particolarmente Omero. Francesco Giuseppe cominciava a lavorare, ogni giorno, fin dalle cinque del mattino e Sisi riusciva a vederlo molto raramente. La principessa divenne sempre più triste e malinconica, oppressa dal rigido cerimoniale che vigeva alla Hofburg, che definì «una prigione dorata».
Pare che all’indomani della prima notte, Franzi si recò a fare colazione dalla madre, lasciando la giovane moglie da sola. Ad accrescere poi i dubbi se il matrimonio tra i due fosse davvero dettato dall’amore, così come presentato nei film, sono certamente le sue parole: «Il matrimonio è un’istituzione insensata. Ti vendono, bambina di quindici anni, e fai un giuramento che non comprendi e che non puoi sciogliere mai più».
Si dedicò con particolare dedizione alla causa ungherese. Per Elisabetta, fu l’occasione per conquistare un importante ruolo personale. Grazie a lei si giunse alla conclusione di un trattato e, nel 1867, fu incoronata, al fianco del marito, regina d’Ungheria nella stupenda chiesa di San Mattia a Budapest. Nacque, in tal modo, la duplice monarchia austro-ungarica, concedendo ampia autonomia ai magiari. Sisi amò molto questa terra e l’Ungheria ricambiò con affetto questo suo sentimento, basti pensare al ponte sul Danubio che le fu dedicato nella capitale.
Un’imperatrice in fuga...
La vita della famiglia reale fu segnata da momenti drammatici, tra cui la morte prematura della primogenita Sofia; quella in circostanze misteriose di suo cugino, il re di Baviera Ludwig II, al quale Sisi era molto affezionata; l’assassinio da parte dei rivoluzionari del cognato Massimiliano, imperatore del Messico; il suicidio di Rodolfo, infine la perdita della sorella, duchessa d’Alençon, avvenuta a Parigi nel 1896, nell’incendio del Bazar de la Charité.
Non si può non menzionare la triste vicenda dell’arciduca Rodolfo, erede al trono. Sposata la principessa del Belgio, Stefania, dalle nozze dapprima felici, Rodolfo ebbe una figlia, Elisabetta, detta Erzi, (che in seguito al divorzio dal principe Windisch-Graetz si unì al socialista Adolf Petznek, passando alla storia come "l’arciduchessa rossa"). Rodolfo ben presto domandò l’annullamento del matrimonio, che in verità non ottenne. Stefania si innamorò di un conte polacco, mentre, Rodolfo, a non molta distanza, fu trovato morto insieme alla sua amante, la diciassettenne baronessa Maria Vetsera, nel suo castello di caccia di Mayerling. Era il 1889 e Rodolfo aveva 30 anni. Oltre a costituire un dolorosissimo lutto per la famiglia imperiale, la sua morte apriva un grave problema dinastico, non avendo la coppia altri eredi maschi.
Per l’imperatrice la vita di corte diviene sempre più soffocante inizia, così, a viaggiare alla ricerca di una tranquillità e felicità, che non sarà destinata a conquistare mai. Suo amato rifugio fu l’isola di Corfù, dove si fece costruire una splendida villa in stile neoclassico, l’Achilleion. Sisi senza trovare mai pace, e senza che in realtà il consorte ostacolasse queste sue continue fughe, passò da Madeira alla Costa Azzurra, dalla Normandia all’Irlanda, alla ricerca dell’«impossibile altrove».
Una tragica fine
Il 10 settembre 1898 è a Ginevra. Qui viene atrocemente colpita a morte con un punteruolo dal manico di legno dell’anarchico italiano Luigi Lucheni. Di lui si conosce solo la madre Luigia Lacchini di Bedonia, in provincia di Parma, che rimasta incinta si trasferì per la vergogna a Parigi, dove nacque Luigi nel gennaio 1873, che ben presto abbandonò in un orfanotrofio parigino, trasferendosi negli Stati Uniti.
L’imperatrice Elisabetta, in verità, fu un ripiego del momento, l’intenzione di Lucheni era quella di uccidere, infatti, il duca d’Orleans, pretendente al trono di Francia, che avrebbe dovuto trovarsi a Ginevra proprio in quel periodo. Saltato il suo piano e saputo dell’arrivo di Sisi, mutò la sua vittima.
Mentre passeggiava insieme alla sua dama di compagnia, si racconta che un corvo le si avvicinò sfiorandola. Sisi interpretò questo piccolo avvenimento come un presagio di sventura. Il giorno successivo lasciò il suo albergo per una gita in battello sul lago. E proprio pochi minuti prima della partenza, Lucheni colpendola all’improvviso, assestò il suo colpo e corse via. L’imperatrice si rialzò e s’imbarcò, pochissimi istanti ancora prima di cadere fatalmente a terra.
Giunta la notizia a Schönbrunn, Francesco Giuseppe dichiarò di aver amato molto Sisi.
Si tramanda che il desiderio dell’imperatrice fosse quello di essere sepolta a Corfù, con un rito molto semplice, in riva al mare. Riposa, invece, nella cripta dei Cappuccini, a pochi passi dalla residenza di Hofburg, insieme agli altri membri della famiglia imperiale.
La cerimonia si svolse il 17 settembre alla presenza dei sovrani di tutto il mondo. La delegazione ungherese lamentò che sulla bara mancasse la menzione del suo titolo di regina d’Ungheria, che fu poi apposto durante la notte.
Nel rispetto di un antico rito un frate cappuccino precedendo il feretro, bussò per tre volte dichiarando: «Chiede di entrare Elisabetta Amelia Eugenia di Wittelsbach, imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria». Dopo che per due volte vi fu silenzio, quando il frate ripeté: «Chiede di entrare un povero peccatore», l’uscio si aprì. La figura di Elisabetta, per alcuni versi trascurata, è ancora oggetto di studio da parte degli storici con l’intento di meglio comprendere la sua vita e la sua vera indole. Una storia, insomma, assai diversa dalla vicenda romanzata della bella principessa Sissi presentata nei film interpretati da Romy Schneider...
Carolina Leonetti
APPROFONDIMENTI
Nicole Avril, Sissi. Vita e leggenda di un’imperatrice, Mondadori, Milano, 1996;
Erika Bestenreiner. L’imperatrice Sissi. Storia e destino di Elisabetta d’Austria e dei suoi fratelli, Mondadori, Milano, 2005;
Brigitte Hamann, Sissi, Tea, Milano, 2003;
Ana Maria Moix, Valzer nero. Il racconto della vita di Sissi, E/O, Roma, 2003;
Gabriele Prachl-Bichler, L’imperatrice Elisabetta. La vita di Sissi tra mito e realtà, Tea, Milano, 2001.
Carolina Leonetti, studentessa di Scienze giuridiche, è - tra l'altro - coordinatrice della rivista www.scriptamanent.net. È autrice di numerosi testi d'argomento giuridico, letterario e poetico.
(direfarescrivere, anno II, n. 9, novembre 2006)
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