Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La cultura, probabilmente
L’apporto dato dalle donne
nel campo sociologico: alcuni
aspetti del contesto americano
Il diventare soggetto indiscusso delle scienze sociali
come logica conseguenza dell’emancipazione femminile
di Ivana Ferraro
Nel presente articolo si continua l’analisi gravitante attorno alla questione femminile. In precedenza, avevamo avuto modo di passare in rassegna la storia moderna del femminismo. Ne sono emersi aspetti che occorre tenere in forte considerazione per proseguire questa nostra dissertazione. Intanto, si è avuto modo di chiarire come il genere e il ruolo sociale della donna siano tematiche estremamente articolate in cui coabitano diversi fattori, apparentemente finanche inconciliabili. Ai fattori culturali, si legano, come esempi, quelli culturali, storici ed economici. Sono tutti elementi discussi nel primo contributo (per leggere l’articolo clicca qui: www.bottegaeditoriale.it/laculturaprobabilmente.asp?id=239). In seguito, ci siamo soffermati con accuratezza sulle sfumature sociali, evidenziando sia i lati su cui si può far leva, sia le pur presenti zone d’ombra (in questo caso, l’articolo si può leggere visitando questolink: http://www.bottegaeditoriale.it/lacultura.asp?id=240).
Va da sé che la finalità di ogni analisi è stata sempre quella di offrire al lettore una quantità considerevole di mezzi atti a destreggiarsi con più consapevolezza fra i diversi pregiudizi che ancora oggi contrassegnano il movimento femminista.
Sotto questa lunghezza d’onda si è insistito nel precedente articolo in cui si è fatto notare come questa nuova capacità di emancipazione abbia fatto sì che le donne siano comparse sulla scena pubblica sia come intellettuali, sia come ricercatrici. Dunque, a tutti gli effetti, come “soggetto” della sociologia e come “oggetto” degli studi sociologici (l’articolo è consultabili a questo link: http://www.bottegaeditoriale.it/lacultura.asp?id=241).
Ma il contributo decisivo alla nascita, allo sviluppo e al consolidamento della sociologia non è sempre stato uguale in tutti i paesi. In questo contesto, analizzeremo a fondo l’orizzonte americano.

Il contesto americano
In America, prettamente nel contesto statunitense, l’origine della scienza si manifesta essenzialmente con lo scopo di provare a rispondere ai social problem emergenti all’interno di un paese in rapida crescita e cambiamento. Proprio per questa impellenza, la ricerca scientifica e la scoperta di metodi di conoscenza e analisi della realtà richiamano l’interesse di molte e molti intellettuali.
In questo processo, le donne assumono un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una disciplina sociologica basata su evidenze empiriche. Verso la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento molte e diverse sono le figure femminili della classe borghese medio-alta che cercano di esaminare «l’esclusione delle donne dal mondo degli affari e della politica in una nuova femminilità fondata su carità e lavoro sociale» [1].
Tra le esperienze più incisive che si innestano in questo scenario ritroviamo il social settlement di Hull House, a Chicago, fondato nel 1889 da Jane Addams ed Ellen Gates Starr, sull’esempio della Toynbee Hall di Londra, costruita nel diciannovesimo distretto della stessa città.

L’esperienza della Hull House di Chicago
La Hull House, gestita e amministrata esclusivamente da donne che sceglievano di dedicarvi la propria vita, offriva supporto alle fasce più disagiate della popolazione che vivevano nella totale diffidenza della società dell’epoca. Tra le personalità più conosciute, ricordiamo Julia Lathrop, Marion Talbot, Florence Kelley, Sophonisba Breckinridge, le sorelle Grace e Edith Abbott, Annie Marion MacLean, Frances Kellor, Helen Bradford Thompson Woolley.
Sotto la loro guida, la Hull House diventò in pochi anni sia un centro di servizi per donne, minori e immigrati, che un centro di ricerca indipendente, avvalendosi di significative riflessioni sociologiche e studi sperimentali portati avanti dalle stesse donne che lo gestivano. La finalità precipua della Hull House, infatti, era di divenire una «sede di ricerca urbana svolta lungo una direttrice in buona parte più emancipatrice di quella realizzata in seguito nell’università» [2].
Tale scopo ha coinciso esattamente con il modo preciso di intendere il lavoro sociologico: il sociologo, la sociologa per Addams e le altre ricercatrici, doveva essere colui il quale, o colei la quale, è in grado di comprendere e di conoscere la realtà attraverso un coinvolgimento empatico verso le vicissitudini dei “soggetti” di ricerca; “osservare da vicino” i contesti sociali e le ripercussioni di essi sulle vite delle persone. In questo senso, egli/ella è inteso/a dalla stessa Addams come neighbour [3].
Ecco, dunque, che una sociologia “incarnata” può essere affidabile, pertinente e attendibile in quanto le riflessioni teoriche interagiscono con i soggetti della ricerca sul campo e ne sperimentano le ipotesi fino alla verifica e la diffusione dei risultati. Come mette in rilievo efficacemente Rauty (2017), precedentemente citato, la specificità di settlement come Hull House si configura nel coniugare le tre R: Residence, Research, Reform.
In questa ottica, il notevole e appassionato lavoro delle donne impegnate nella ricerca sul campo è ragguardevole fin dal debutto della Hull House: le evidenze scientifico-sperimentali vengono rilevate grazie all’impiego di metodologie qualitative (interviste strutturate, semi-strutturate, racconti di vita, diari personali, ecc.) e quantitative (questionari, analisi di dati secondari, nonché misurazione di aspetti morfologici del soggetto in esame e anche dei luoghi, ecc.), fino a giungere all’applicazione di mixed methods.
A mero titolo esemplificativo, prendiamo in esame la ricerca di Frances Kellor sulla rilevazione della circonferenza cranica dei detenuti per testare e confutare le ipotesi sulla devianza di Lombroso; le visite domiciliari di Breckinridge e Edith Abbott per studiare le condizioni abitative dei residenti di Chicago attraverso interviste e rilevazioni del numero dei residenti per dimora, tipo di occupazione ed etnia dei proprietari, e tanti altri esempi.

La Hull-House Maps and Papers
Tra le ricerche più famose, senza dubbio è necessario menzionare Hull-House Maps and Papers (Residents of Hull-House, 1896), un censimento degli abitanti dei quartieri più degradati e più umili di Chicago in cui, attraverso l’utilizzo di mappe policrome, si poteva rilevare come l’organizzazione urbana e l’insediamento dei cittadini fossero ampiamente e significativamente correlati alle loro condizioni lavorative ed economiche nonché all’etnia di appartenenza.
Al di là della significatività scientifica dei risultati ottenuti e dell’uso di metodologie innovative, Hull-House Maps and Papers risulta un lavoro significativo perché simbolo dello stile con cui si agiva nel social settlement. È una ricerca in cui le autrici e gli autori sono in stretto contatto con i residenti dei quartieri partecipando attivamente all’osservazione della loro vita quotidiana.
La sociologia delle intellettuali di Chicago, infatti, si mette a servizio della produzione di una conoscenza utile a identificare soluzioni efficaci ai tanti problemi sociali a cui la politica non era stata in grado di trovare risposta.
Animate dalla convinzione che riforma sociale, ricerca e teoria sociologica siano strettamente interdipendenti, le intellettuali di Chicago ricoprono importanti cariche pubbliche e sono impegnate in organizzazioni di tutela dei minori, dei lavoratori e dei migranti; scrivono testi e articoli scientifici (alcuni dei quali pubblicati sull’American Journal of Sociology) sulla condizione delle donne, sulla devianza, sul degrado abitativo, sullo sfruttamento minorile e lavorativo, sui migranti e su tante altre sfide che i grandi centri urbani americani stavano attraversando.
Nonostante alcune di loro riescano a conseguire un dottorato o un master di specializzazione (come, per esempio, nei casi di MacLean, Woolley e delle sorelle Abbott), quasi tutte rimangono escluse dall’Accademia; solamente nel 1904 Marion Talbot è eletta capo dell’allora nuovo Department of Householde creato all’interno dell’Università di Chicago. Accanto a lei, in qualità di assistente, vi è la compagna Breckinridge, con la quale si dedica per diverso tempo alla lotta contro la segregazione femminile nelle classi delle scuole primarie. Purtroppo, il loro contributo non è riconosciuto come fondamentale per lo sviluppo della disciplina sociologica e rimane confinato all’interno dello spazio relativo ai servizi sociali, reputato prettamente femminile.
Addams e le altre, pertanto, possono essere considerate in un certo senso le creatrici di un paradigma sociologico di interpretazione-azione della realtà che, dopo un iniziale entusiasmo, è stato respinto, smantellato e infine perso durante la progressiva legittimazione accademica della disciplina in America: paradigma che, proprio perché vittima di questo processo di rimozione, è stato anche denominato the lost paradigm.
La storia della sociologia statunitense di quegli anni non si esaurisce, tuttavia, nelle vicende delle intellettuali di Chicago: la Guerra di secessione e il successivo proclama di emancipazione degli schiavi di Lincoln del 1863 provocano una rottura degli equilibri sociali e rendono gli spazi pubblici più accessibili agli afroamericani e alle afroamericane, tra cui Anna Julia Cooper, pioniera del movimento femminista nero e anticipatrice della prospettiva intersezionale, e Ida Bell Wells-Barnett, sociologa e giornalista; entrambe nate schiave, successivamente emancipate, attiviste e studiose della discriminazione razziale.
Cooper, laureata in matematica, si dedica al miglioramento dell’educazione dei neri americani, oltre che all’analisi sociale: nella sua ricerca esplorativa sui college americani che ammettevano persone di colore, i dati relativi alle donne nere laureate non superano in totale le due decine. La studiosa orienta i propri sforzi alla valorizzazione del ruolo della donna per la battaglia dei diritti civili, entrando spesso in conflitto anche con le attiviste bianche, a suo parere eccessivamente focalizzate sulla sola questione femminile, come si legge nel suo A Voice from the South (Cooper, 1892). Le donne, infatti, avrebbero dovuto sostenere trasversalmente tutte le persone svantaggiate, e non solamente le donne: in questo sforzo Cooper risulta unica anche per aver dedicato uno spazio di riflessione alla condizione dei nativi americani nel capitolo Woman Versus The Indian, un tema praticamente assente anche tra gli intellettuali uomini delle generazioni successive. L’interesse e la sensibilità antirazzista sono presenti anche in Barnett, che studia e denuncia il linciaggio come azione di controllo dei bianchi verso gli afroamericani nel suo poco ricordato A Red Record. Tabulated Statistics and Alleged Causes of Lynchings in the United States (Wells, 1895). Nel testo Wells presenta una quindicina di pagine statistiche su presunti reati di linciaggio, sulla loro distribuzione geografica nonché sulla loro entità, scoprendo più di diecimila casi commessi tra il 1892 e il 1895.
Entrambe queste donne si sono occupate del riconoscimento dei diritti civili dando vita alla prospettiva intersezionale che, nel caso di Barnett, si concretizza anche in un’intensa attività giornalistica investigativa, attraverso cui l’opinione pubblica viene informata sulle loro riflessioni teoriche e sulle denunce riguardo alle condizioni delle minoranze.

Un contributo ancora poco noto
Nonostante gli sforzi innovativi condotti dalle intellettuali di quegli anni, il loro contributo rimane ancora oggi poco noto e, in alcuni casi, difficilmente riconosciuto anche dagli studiosi dell’epoca: la stessa Barnett, ad esempio, pur collaborando con William E.B. Du Bois per gli studi e le battaglie contro il linciaggio (un argomento di per sé oscurato dal mainstream della riflessione sociologica di quegli anni) è esclusa da quest’ultimo dalla lista dei fondatori della National Association for the Advancement of Color People (Naacp), riportando come falsa motivazione un’autoeliminazione da parte dell’autrice dalla medesima lista.

Ivana Ferraro

[1] Romania, V., 2018, Alle origini della divisione di genere nelle scienze sociali. La scuola di Chicago e la Hull House (1889-1942), in Antonelli, F., a cura di, Genere, sessualità e teorie sociologiche, Padova, Cedam, 2018, p. 30;

[2] Rauty, R., Il tempo di Jane Addams. Sviluppo dei settlements e costruzione dell’analisi sociale, Napoli, Orthothes Editrice, 2017, p. 120;

[3] Lengermann, P. M. e Niebrugge, G., The women founders: sociology and social theory 1830-190. A text/reader, Long Grove, Il, Waveland Press, 1998, p. 190.

(direfarescrivere, anno XX, n. 222, luglio 2024)
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