Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La cultura, probabilmente
Dal sessismo al barbarismo
linguistico: le parole, strumenti
che generano ricchezza o povertà
Nella nostra epoca, segnata dalla rapidità e dall’accessibilità
l’impatto del linguaggio appare evidente in svariati campi
di Ivana Ferraro
Da un “sessismo linguistico” a un “barbarismo linguistico”, il passo è breve. È notorio a ognuno di noi parlanti quanto la portata del flusso verbale, orale e/o scritto, sia diventata un vero baraccone da freak show attraverso cui ci si possa meglio rappresentare in contesti sociali diversi.
Cui prodest? Probabilmente per un’autoreferenzialità dissimulatrice e amorale di perdita assoluta dell’essere autenticamente se stessi all’interno delle diverse molteplicità identitarie con le quali, invece, si dovrebbero instaurare rapporti sani, costruttivi e socialmente produttivi.

Le parole, il loro ruolo e la loro funzione
Le parole, come strumenti fondamentali e peculiari solo e soltanto della comunicazione umana, influenzano profondamente il nostro modo di pensare, di agire e di interagire con il mondo che ci circonda. In un’epoca in cui la comunicazione è sempre più veloce e accessibile, il potere delle parole si manifesta in vari contesti, dalla sfera personale a quella sociale e politica.
Comunicare, non solo attraverso una lingua, vuol significare intraprendere un’attività sociale strutturata secondo modelli deterministici regolamentati, che in gran parte variano da cultura a cultura. In merito, il linguista Edward Sapir, nel testo Cultura, linguaggio e personalità. Linguistica e antropologia, (Einaudi, pp. 166, € 15,00) pubblicato nel 1972, affermava: «Tra ogni popolo conosciuto, il linguaggio è essenzialmente mezzo compiuto di espressione e comunicazione. É lecito ritenere che tra tutti gli aspetti della cultura, il linguaggio sia stato il primo a ricevere forma compiuta e che la sua essenziale perfezione sia il presupposto stesso dell’intero sviluppo culturale».
Utilizziamo le parole e, quindi la facoltà cognitiva che esse rappresentano, per raccontare la nostra esperienza e, quindi, con essa, creiamo un modello che si basa sulla nostra percezione del mondo. Parlando, scrivendo, discutendo, in realtà, stiamo comunicando il nostro modello del mondo, agli altri e, gli altri lo stanno comunicando a noi. È profondamente necessario allora migliorare la capacità di mettere in gioco la propria comunicazione, e imparare a integrare il linguaggio verbale con quello non verbale per rendere efficace ed empatica la propria comunicazione, sapendo gestire intelligentemente le proprie zone d’ombra e le proprie emozioni per facilitare la relazione e la comprensione tra le persone e, non in maniera scontata, con noi stessi.

I cinque assiomi di Paul Watzlawick
Saper comunicare nella vita quotidiana è un’abilità relazionale che può essere affinata e migliorata. Il risultato positivo o negativo nelle nostre relazioni interpersonali risulta correlato alla capacità individuale di comunicare in modo adeguato con gli altri e, ciò conduce a un miglioramento qualitativo dei rapporti sociali.
A tal proposito, è bene richiamare alla memoria qualche passaggio dello psicolinguista Paul Watzlawick (1971) e dei suoi cinque assiomi:
1) Non si può non comunicare: È importante tenere a mente che quando una persona sceglie di non esprimere a parole il proprio pensiero, in realtà sta comunicando un messaggio ben chiaro. È quindi impossibile non-comunicare poiché l’adozione di un dato comportamento molto spesso parla e dice più delle parole. Il silenzio è comunicazione;
2) All’interno della comunicazione esistono due livelli: Il livello del contenuto, ovvero il messaggio vero e proprio, e il livello della relazione, cioè quale relazione c’è tra i due parlanti. È, quindi, necessario andare ad analizzare come vengono veicolate le informazioni per desumerne la relazione tra i soggetti;
3) La comunicazione è pregna di diverse versioni degli eventi: Ognuno di noi ha in mente la propria versione dei fatti, vissuta dal proprio punto di vista, ma così come tutti ogni altro parlante traduce la narrazione con i propri occhi, con il proprio sentire. La comunicazione, perciò, comprende diverse percezioni della realtà, e ogni persona tende a suffragare che il proprio punto di vista sia l’unico, vero, corretto e plausibile;
4) La comunicazione è veicolata da canali verbali, non verbali e para verbali, ovvero sia la parola orale e/o scritta può essere accompagnata da segnali sia grafici e non, ad esempio, la postura, il timbro vocalico, il carattere maiuscolo, la sillabazione, l’uso del neretto, la direzionalità dello sguardo, i gesti e quant’altro che ne determinano e ne connotano contemporaneamente l’efficacia e l’intenzionalità di chi parla e di chi ascolta, di chi scrive e di chi legge;
5) Gli scambi comunicativi possono essere simmetrici o complementari: in altri termini sono simmetrici gli scambi che avvengono tra persone di pari grado, altrimenti se un parlante è di grado superiore e si rivolge a un proprio subordinato, lo scambio è complementare.
Va da sé che la brevissima parentesi linguistica appena summenzionata potrebbe risultare abbastanza tediosa, ma l’intento è piuttosto semplice: si parla, quindi, si comunica attraverso le parole quasi mai senza troppo riflettere, sul significato più o meno evidente che esse veicolano, sulle azioni pregiudiziali, sostanziali e conseguenziali che noi esseri umani mettiamo in atto, in quanto animali sociali che interagiscono tra di loro. Un altro aspetto non del tutto secondario va tenuto in giusta considerazione, l’avvento della diffusione delle nuove Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic).

Comunicazione e Tecnologia
La contemporaneità è caratterizzata da una rapida evoluzione tecnologica che ha trasformato radicalmente il modo in cui ci esprimiamo e interagiamo con gli altri. La diffusione di Internet e dei social media ha amplificato la portata delle parole, consentendo a chiunque di esprimere pensieri, opinioni e emozioni in tempo reale a un pubblico globale. In merito basta soltanto far cenno alle notizie poco aderenti alla verità fattuale relative alla situazione pandemica e altresì i cambiamenti linguistici adoperati dalla Corte costituzionale in merito all’uso del genere femminile nell’emanazione delle loro sentenze. Questa facilità di accesso alla comunicazione ha cambiato il panorama sociale, politico ed economico, ma ha anche sollevato nuove sfide legate all’accuratezza, all’etica e al rispetto reciproco.
La velocità della comunicazione digitale, quindi, potrebbe portare a malintesi e fraintendimenti, evidenziando l’importanza di scegliere le parole con cura. La viralità dei contenuti online potrebbe avere un impatto duraturo, plasmando l’opinione pubblica e influenzando la percezione di persone, eventi o questioni. Il linguaggio utilizzato nei media sociali potrebbe contribuire a costruire o distruggere reputazioni, a promuovere inclusività o a perpetuare discriminazioni.
Gli accadimenti recentissimi stanno a testimoniare quanto sia decisamente importante usare la giusta moderata consapevolezza della parola. Bisognerebbe che ogni persona non celasse la propria identità vera e autentica dietro falsi profilli e che usasse l’adeguatezza dei termini verso gli altri e verso se stessa non per osannare miti, mitologie e profezie di ogni genere, ma perché innanzitutto costituzionalmente dovremmo essere tutti uguali. Inoltre, occorre considerare che la strumentazione attraverso cui veicolare il messaggio non è l’armatura medioevale tutelante la sensibilità, l’intelligenza e la dignità dell’altro; potrebbe essere vero il contrario e i fatti di cronaca degli ultimi tempi ne danno la giusta contezza.
Pertanto, si indicherebbe come giusta strada da intraprendere una regolamentazione di queste piattaforme sociali e di tutti i media, con interventi da parte di organismi di verifica e controllo – evitando accuratamente la censura – in cui l’attendibilità dell’informazione potrebbe essere veicolata da parole e, non da barbarismi iniqui e dissacratori di una lingua qualificante e qualificata di un popolo civile che non rinnega la propria identità tra le diverse identità.

Ivana Ferraro

(direfarescrivere, anno XX, n. 218, marzo 2024)
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