Quanti e quali cambiamenti ha portato con sé la pandemia? Come ne esce la nostra democrazia? La democrazia contagiata. Come Sars-CoV2 riguarda tutti i cittadini (Infinito edizioni, pp. 112, € 13,00) di Ilaria Sostis, giornalista e conduttrice della trasmissione radiofonica Vivavoce, particolarmente impegnata in tematiche sociali, è un testo stimolante che cerca di rispondere alle domande sopra riportate. La Prefazione di Moni Ovadia e la Postfazione di Riccardo Noury sono illuminanti nel delineare gli obiettivi di questo saggio e la sua importanza in un momento come questo. Infatti, arricchiscono ancora di più la testimonianza dell’autrice in quanto lettori che hanno colto l’importanza di dover rimarcare concetti che altrimenti rischierebbero di essere compromessi e per far sì che tutto ciò che è stato fatto dall’inizio della pandemia a oggi non sia stato fatto invano. Infatti, dopo le alienanti e sconfortanti giornate d’inizio pandemia, molto si è detto e molto è accaduto ma per fare in modo che un avvenimento così rilevante nella sua drammaticità resti impresso nella memoria collettiva, c’è bisogno di opere come questa. Sostis si interroga in particolar modo sulle conseguenze che il Covid ha avuto sul vivere sociale, sul meccanismo democratico occidentale, su coloro che hanno avuto (o che hanno tutt’ora) difficoltà a ripartire e lo fa con grande chiarezza e capacità logica oltre che con grande umiltà, ponendosi dubbi e domande circa le variazioni del vivere comune e le possibili direzioni da intraprendere, senza dimenticare nessuno. L’analisi dell’autrice viene completata da due interviste, a Marina Vanzetta e Guido Silvestri, rispettivamente infermiera e medico, che insieme all’autrice congiungono i tre punti di vista fondamentali in questa vicenda: quello di chi ha informato, quello di chi ha operato da subito sul campo e, infine, quello di chi ha dovuto studiare il virus con l’obiettivo di debellarlo.
Le conseguenze del Covid sulla nostra democrazia
Le analisi e riflessioni dell’autrice de La democrazia contagiata ruotano intorno a questioni prettamente sociali e culturali. Nel testo vengono indagate le conseguenze sociologiche causate dalla pandemia. Un argomento particolarmente delicato che l’autrice tratta con grande tatto.
La Prefazione di Moni Ovadia, attore teatrale, drammaturgo, scrittore e compositore, evidenzia l’importanza di affrontare una vicenda ancora così attuale e che accomuna tutti noi. In particolare, sottolinea quanto sia e come sia doveroso pensare la pandemia. Viene messo in risalto il ruolo centrale dell’informazione (ambito in cui l’autrice opera) e la necessità di allontanarsi dall’angoscia e dalla paura di divulgare notizie in modo oggettivo e con una cura a livello umano che non sempre le ha contraddistinte.
Il saggio di Ilaria Sostis è volto a farci ragionare non soltanto sulla vicenda del Covid ma anche e soprattutto su come un fatto di simile portata metta a nudo la nostra società e, uno dei concetti cardine di quest’ultima, la democrazia.
Entrando nel vivo del testo, si trova l’esortazione a non dimenticare e non andare avanti come se nulla fosse successo. La pandemia diventa così non soltanto un evento drammatico bensì un’opportunità di miglioramento delle nostre strutture socioeconomiche e, in particolar modo, un’occasione di ripensamento delle ancora evidenti disuguaglianze tra cittadini.
Ricordare per costruire il futuro
Le pagine più dense e ricche di significati sono quelle del secondo capitolo, Quei giorni, in cui viene ricostruita la storia della pandemia dai primi casi Covid, ai mesi di lockdown, alle tragiche vicende che il virus ha portato con sé. L’autrice si sofferma sulla sua esperienza personale, legata al campo dell’informazione, che ci è utile per comprendere il punto di vista di coloro che devono riportare notizie ai cittadini, con tutte le difficoltà che comporta questo delicato compito. Nel presente caso ciò che è fondamentale è l’ascolto e questo, ci tiene a rimarcare Sostis, è rappresentato dalla radio che è base dell’ascolto, a sua volta base delle relazioni tra gli esseri umani.
Di particolare rilievo è la riflessione dell’autrice circa le parole in uso dall’inizio della pandemia a oggi. Termini che nei discorsi quotidiani tendevamo a non utilizzare sono diventati sempre più frequenti nell’uso comune: distanziamento, congiunti, autodichiarazione, focolaio, lockdown, sono solo alcuni tra i vocaboli che si sono imposti con forza nelle nostre esistenze. Non sempre è stato possibile contenere la paura dilagante perché come giustamente sottolinea l’autrice le parole hanno un enorme potere e compito di chi lavora nel campo della divulgazione di notizie ha un obiettivo fondamentale: garantire una buona informazione.
Le testimonianze di chi era (ed è) in prima linea
Conclusa la sua riflessione, l’autrice ci offre le due preziose interviste, a cui si è fatto cenno prima, che hanno il merito di rendere ancora più stimolante e ricco di sfaccetture il saggio. Si tratta degli interventi di Marina Vanzetta, infermiera attiva a Verona e insignita del titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica da Sergio Mattarella, e di Guido Silvestri, virologo professore ordinario di Patologia generale alla Emory University di Atlanta.
Ciò che accomuna l’inizio di entrambe le interviste è l’uso del verbo essere in riferimento alle proprie professioni: sentirsi infermiera e medico, non fare. Nel caso di Marina Vanzetta l’accento viene posto sull’importanza della cura del paziente. Il Covid ha imposto delle nuove e ferree regole che hanno portato il contatto umano e, in generale le relazioni sociali, a svuotarsi. Per questo motivo l’infermiera pratica una personalizzazione della cura, un percorso individuale di presa in carico (sebbene lei stessa rimarchi la parità di diritti per tutti). Da qui deriva la sua concezione di democrazia come una gestione di risorse e un’attenzione particolare nel comprendere le differenze tra pazienti, le loro singolari storie. Altre importanti affermazioni che concernono la pandemia sono quelle riguardanti il gioco di squadra tra personale medico e il rifiuto di appellativi quali eroi o angeli, ribadendo così la centralità delle figure professionali in qualsiasi momento e luogo.
Guido Silvestri si concentra, invece, sul ruolo dell’informazione circa l’epidemia anche e soprattutto nel campo medico. In particolare, riferendosi in primo luogo all’Italia e agli italiani, sottolinea le difficoltà emotive nella gestione della pandemia che ha generato uno shock socioculturale impressionante. Nella chiusura dell’intervista Silvestri sostiene che si parli poco dei danni causati dalla chiusura, economici ma soprattutto sociosanitari, e ribadisce i compiti della scienza nella gestione delle risorse e nella necessità di fornire un’informazione chiara e costruttiva.
Per evitare che il contagio della paura vada oltre
In conclusione, l’autrice ci esorta, prendendo in prestito un’affermazione di padre Enzo Bianchi, a trasformare la paura in prudenza. Oltre al contagio reale, infatti, ce ne è stato uno astratto altrettanto pericoloso: quello della paura. In quest’ottica si muove il saggio qui proposto che si chiude con uno spunto di Riccardo Noury nella sua Postazione. Il portavoce di Amnesty International Italia si focalizza sulla necessità di parlare della pandemia e di non rassegnarsi a convivere con essa, di non normalizzarla. Questo è il compito di ognuno di noi, questo è quello che con il suo La democrazia contagiata ha svolto: ci ha lasciato una testimonianza di cui fare tesoro.
Emiliano Peguiron
(direfarescrivere, anno XVIII, n. 194, marzo 2022)
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