Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La cultura, probabilmente
La lotta per i diritti di tutte le donne:
una faccenda importante, fondamentale
e non ancora giunta al capolinea
Per Armando editore un manuale di educazione di genere
per conoscere le leggi che tutelano l’emancipazione
di Rosita Mazzei
«Non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete restare vigili durante tutto il corso della vostra vita.» Le parole attribuite alla filosofa, scrittrice e femminista francese Simone de Beauvoir risuonano più che mai veritiere in questi giorni così concitati.
Mentre scriviamo, infatti, Kabul è da poco caduta nelle mani dei talebani e non si può far altro che pensare alla repressione che il genere femminile subirà, per l’ennesima volta, in quel territorio così martoriato.
Sul fronte occidentale, però, le cose non sembrano andar meglio. Se è vero, infatti, che in Europa e in Italia la parità dei generi è garantita dalla legge, è altrettanto vero che vi è uno zoccolo duro della nostra società che non vuole affatto arrendersi a questa evidenza. Nonostante siano passati decenni dall’abolizione del delitto d’onore, infatti, sono in molti gli uomini che faticano ancora a vedere le donne della propria esistenza come esseri a sé stanti in grado di autodeterminarsi. Ancora in troppi, infatti, ricorrono alla violenza per reprimere la volontà femminile rea di non sottomettersi più al volere patriarcale.
Ci è sembrato quindi quasi un segno del destino ritrovarci a leggere e a recensire un’analisi puntuale su una tematica tanto spinosa a opera di Virginia Ciaravolo, curatrice del volume Violenza di genere dalla A alla Z (Armando editore, pp. 360, € 18,00). In quest’opera, l’autrice, ma anche tutti coloro che sono intervenuti in maniera tempestiva, dona la propria visione di un fenomeno che vede il proprio culmine nel femminicidio, ma che è molto più radicato di quanto in realtà si pensi.

Un lavoro corale
Ad affrontare una questione così viva e scottante sono stati chiamati un insieme di autori e di autrici in grado di snocciolare al meglio il problema ivi proposto. I punti di vista, dunque, non mancano e sono tutti degni della giusta attenzione, sia essa proveniente dagli addetti ai lavori, sia essa profusa dal pubblico lettore.
Il testo si presenta come un manuale elaborato da coloro che vivono nel quotidiano la violenza delle donne, sia dal punto di vista istituzionale, sia dal punto di vista lavorativo. In questo modo, avendo pareri di esperti del settore, si cerca di far luce su un problema fin troppo spesso banalizzato da coloro che non vedono, o non vogliono vedere, la realtà.
«Parlare di violenza significa non solo saper raccogliere (e non solo sotto un profilo tecnico) le difficili esperienze vissute e raccontate da chi è riuscito a sopravvivere al suo vortice, significa non solo aiutare chi ha “con-vissuto” con la manipolazione, l’umiliazione, il senso di destabilizzazione, i traumi, l’insicurezza, la frustrazione ed il senso di colpa, significa anche trovare “insieme” strade per cambiare una mentalità che ancora ci porta a considerare la donna legata a stereotipi sociali e familiari fortemente discriminatori».
Le parole della Prefazione di Elisabetta Garzo, prima presidentessa donna del Tribunale di Napoli, fanno tremare e riflettere allo stesso tempo. Se con ingenuità abbiamo creduto che la pandemia potesse renderci migliori, è doveroso e doloroso constatare che non è stato affatto così. Durante tale periodo, infatti, «in Italia, anche grazie ad un importante impegno istituzionale, il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 ha registrato, nel periodo compreso tra marzo e giugno, un aumento del 119% nel numero delle chiamate ricevute, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». Le violenze, inoltre, provengono quasi sempre dal contesto familiare in cui è immersa la vittima.
Un manuale, dicevamo. Ed effettivamente è proprio questi dati che vengono snocciolati uno per uno i vari reati contro la persona analizzando anche le diverse leggi che li riguardano. Si parla così di mobbing, violenze sessuali, ma anche abusi di differenti natura. Non solo all’interno delle proprie mura domestiche, ma anche sul campo di lavoro spesso le donne si ritrovano a vivere situazioni di maltrattamenti più o meno tollerati. Un esempio assai comune può essere rappresentato dal licenziamento di una donna perché incinta oppure dalla mancata assunzione di lavoratrici perché viste come un problema in quanto, ancora oggi, troppo spesso totalmente relegate all’accudimento dei figli. Sono molti i padri che, infatti, relegano, ancora oggi, la cura della prole e l’igiene della casa completamente alla propria compagna, autoassolvendosi da qualsiasi responsabilità in tali materie.

Gli aiuti concreti
Il volume in questione dà, inoltre, direttive per poter comprendere cosa fare in caso di violenze di vario tipo. Un esempio su tutti è l’Associazione Salvamamme presentata da Gabriella Salvatore, criminologa sociologa della stessa, e da Katia Pacelli, psicologa e Direttrice dell’associazione Salvabebè-Salvamamme.
Una delle tante iniziative messe da loro in campo è la “Valigia di Salvataggio”. «La valigia e, tutto ciò che essa contiene, vuole attutire il senso di rinuncia e di perdita sostituendolo con l’idea di un nuovo inizio, attraverso i beni consegnati e attraverso l’insieme di azioni a sostegno della persona, così da rendere centrale e concreto il messaggio della ripartenza».
Questo progetto ha la capacità di ridare forza emotiva nei primi giorni in cui la donna che ha subito violenza si ritrova al di fuori del proprio inferno in terra. Nei primi momenti, infatti, la paura si impadronisce della vittima specie se riceve minacce da parte del partner che non vuole affatto perdere il controllo su di essa. La valigia, naturalmente, è personalizzata in base alle taglie e alla stagione e ve n’è una anche per eventuali figli della vittima, che si ritrovano anche loro a vivere una relazione tossica con il familiare violento. Inoltre, l’associazione in questione mette in campo psicologi e operatori di vario tipo per aiutare concretamente le donne che richiedono il loro intervento.
I centri antiviolenza, dunque, risultano fondamentali. Nel nostro paese se ne contano 338. Essi si fanno carico delle vittime insieme ai vari servizi del territorio che offrono: colloquio di accoglienza, orientamento ad altri servizi sul territorio, consulenza psicologica e/o legale, accompagnamento all’inserimento lavorativo e molto altro.
Ecco alcuni numeri allarmanti offerti da Rosa di Matteo, sociologa femminista, attivista dei Centri Antiviolenza nella città di Napoli e responsabile del Centro Antiviolenza Aurora, nonché presidentessa dell’Associazione Arcidonna Napoli: nel 2017 «sono state accolte 20342 donne, 1.695 donne in media al mese di cui 1.202 donne “nuove” (pari al 71%). La fascia di età più colpita è quella relativa ai 30-49 anni, il 26,5% è straniera, il 33,8% è a reddito zero; solo il 27, 8% denuncia. La violenza psicologica incide per il 79,5%, quella fisica per il 59,7%,quella economica per il 35,2%. Quella sessuale per il 15,3%, lo stalking per il 14,7%».

La Convenzione di Istanbul
Trattando di violenza di genere non si può evitare di parlare della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti della donna e la violenza domestica, meglio conosciuta come la Convenzione di Istanbul. Emilia Narciso, avvocata ed ex presidentessa del Comitato provinciale di Caserta per l’Unicef e membro del Comitato italiano dal 2005 al 2018, ci sviscera chiaramente la questione.
Lo scopo primario di tale convenzione, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 ed è aperta alla firma l’11 maggio 2011 ad Istanbul, è abbattere l’idea che le donne siano inferiori agli uomini, credenza ancora fin troppo presente anche nella civile Europa.
Per la prima volta, inoltre, si distingue tra violenza di genere e violenza domestica e si comprende che la violenza non è solo fisica, ma anche psicologica ed economica. La sua importanza, però, non si esaurisce qui, infatti «proprio a seguito della ratifica della Convenzione, in Italia entrerà in vigore la Legge 119/2013 (cd. legge sul femminicidio) con la quale verranno inasprite le condanne per i soggetti ritenuti responsabili di femminicidio, violenza domestica e stalking».
Femminicidio che, troppo spesso, viene sminuito cercando di negare una vera e propria piaga sociale che causa una vittima ogni 3 giorni per l’incapacità di molti uomini di vedere come esseri con una propria autonomia mogli, fidanzate, figlie e madri. Di tale violenza, però, sono vittime anche i minori che spesso assistono del tutto impotenti a tali brutalità o ne sono vittime a propria volta.
Le leggi, però, non devono servire solo a punire gli aguzzini, ma devono anche migliorare la qualità della vita delle donne, modificando radicalmente la mentalità patriarcale che, purtroppo, ancora domina nella mente dei più.

Un manuale completo e di grande utilità
Il volume proposto, come si è potuto vedere finora, ha numerose frecce al proprio arco. Esso, infatti, non è solo in grado di dare spiegazioni dettagliate a un fenomeno sociale così diffuso, ma è in grado di dare informazioni estremamente utili a riguardo. Tramite la lettura dello stesso il lettore potrà acquisire numerosi dettagli sulla legislazione a riguardo, sulle associazioni immesse sul territorio, le iniziative passate, presenti e future volte alla salvaguardia delle donne. Il tutto descritto in maniera dettagliata da personale competente che opera quotidianamente per la risoluzione dei drammi ivi proposti.
Nonostante si tendi a pensare che la violenza contro le donne sia un’esclusiva di determinate fette della società, con una bassa scolarizzazione e immersi in un contesto culturale degradante, purtroppo la verità è ben altra. La cronaca nera ci ha dimostrato più volte come anche negli ambienti più elevati si possa annidare la serpe del patriarcato. Quella da cambiare, dunque, è la mentalità di un intero stato ancora troppo affezionato alla visione tradizionalista della famiglia in cui l’uomo era padre-padrone.
Ecco perché testi come quello proposto non sono mai banali, né scontati. Bisogna parlare ampiamente dei problemi che affliggono la nostra società perché solo in questo modo si potrà avere un cambio di rotta.

Rosita Mazzei

(direfarescrivere, anno XVII, n. 187, settembre 2021)
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