In molti hanno sentito, almeno una volta nella propria esistenza, il bisogno o semplicemente il desiderio di raccontare qualcosa di sé, magari mettendolo per iscritto in un diario personale o, perché no, tentando di scrivere un’autobiografia completa o relativa a qualche passaggio saliente della propria vita o, ancora, circoscritta a uno o più episodi particolarmente significativi.
Altrettanto spesso si avverte l’urgenza di ricercare le proprie origini, studiando l’albero genealogico della propria famiglia o cercando quante più informazioni possibili circa le vite dei propri antenati. Ma quanti, invece, sono riusciti in quella che si potrebbe tranquillamente definire una vera e propria impresa, complessa, titanica quasi, di ricercare notizie sugli avi, risalendo a un’epoca remotissima e romanzandone le imprese? Probabilmente pochi. Uno di questi è Luigi Marcus Greco. Giovanissimo, calabrese, grande appassionato e profondo conoscitore del mondo antico, è l’autore di Tutte le vite che ho vissuto (L’Erudita, pp. 526, € 30,00), epopea della storia della sua famiglia e della sua meravigliosa terra.
Restituire la vita a chi ce l’ha data
«Tutti quei nonni, nonne, bisnonni, bisnonne,
trisnonne, arcavoli e arcavole,
insomma tutti quei miei genitori,
diventarono miei figli.
Perché stavolta ero io a partorire loro,
a dargli anzi a ridargli la vita
che essi avevano dato a me».
Il romanzo si apre con una citazione di Oriana Fallaci, tratta dalla sua opera postuma Un cappello pieno di ciliegie: una scelta non casuale dato che, come fece la Fallaci per la sua famiglia, Greco inizia questo viaggio verso la sua a ritroso, avventurandosi in una Calabria antichissima, intrisa di superstizione, di mistero, di credenze e tradizioni radicate, di religiosità esasperata quasi ai limiti del fanatismo, per dare voce e di nuovo vita nuova a personaggi realmente esistiti ma romanzandone le vicende fino al punto di non lasciare al lettore la possibilità di distinguere il reale dal fantastico ma senza per questo perdere di credibilità. Sì, perché ognuno dei personaggi presenti nell’opera, i cui nomi diventano il titolo di ogni capitolo, sono veri, vivaci, sfaccettati, tridimensionali, mai piatti, pieni di personalità e descritti con dovizia di particolari nei loro aspetti più vari, sia psicologici che fisici.
Un secolo e più di Storia (e storie)
Incontriamo Agapito, che, alle porte del temuto anno Mille – portatore, secondo i testi biblici, di sciagure – nel mare vedeva un amico, un familiare, un padre amorevole, fonte di vita e ricchezza inestimabile fino al giorno in cui proprio quel mare che tanto amava e in cui aveva riposto tutti i suoi sogni ad occhi aperti, non gli strappò, senza pietà, l’amico del cuore e, infine, non pago del suo dolore e della sua rabbia cieca, il padre, costringendolo a lasciare la sua Sicilia per sfidarlo, navigandolo non senza difficoltà, alla volta delle coste calabresi e dando origine, così, alla sua stirpe.
Qui si incontra il giovane Ignazio, presunto figlio di Agapito, la cui paternità era oggetto di chiacchiere e pettegolezzi come affermato dallo stesso protagonista. Avvenente spirito libero, profondamente legato da un rapporto viscerale con sua madre, lo vedremo al centro di diverse avventure sentimentali, essendo molto sensibile al fascino femminile. Inquieto, trovava conforto solo nel mare, solo guardando il perenne rincorrersi delle sue acque. Solo in questo modo, osservandolo per ore e ore, riusciva a trovare qualcuno che potesse comprendere i moti del suo animo. E, alla fine, solo nel mare troverà la sua dimora definitiva.
Si incontreranno poi Gregorio, Turino, Fortunata, Dolores. E, ancora, Liberata, Teresa, Carmine, Gabriele, e così via fino ad arrivare a Maria Concetta, la madre dell’autore. Volti, voci, storie e tante diverse personalità che hanno portato fino a Luigi. Descrizioni precise conducono il lettore in un intreccio avvincente, in un groviglio di storia, ricordi e fantasia.
La semplicità del narrare
Una prosa fluida, un linguaggio scorrevole e semplice ma allo stesso tempo preciso e articolato, poiché si tratta ampiamente anche di storia, fanno di questo lavoro un prodotto di qualità sia da un punto di vista meramente stilistico sia da quello contenutistico: le storie sono tutte narrate in prima persona, come se gli stessi personaggi si presentassero al lettore come se fossero amici fidati, in un’intima connessione e confidenza.
La lunghezza dell’opera non costituisce un ostacolo nemmeno per i lettori pigri o inclini a scelte più leggere perché fin da subito ci si trova di fronte a una narrazione avvincente, nella quale il patto fra lettore e scrittore viene stipulato già dall’ incipit iniziale per cui ci si lascia guidare con piena fiducia dal giovane autore attraverso pagine ricche di storia, di personaggi, di sentimenti.
Adriana Colagiacomo
(direfarescrivere, anno XV, n. 165, ottobre 2019)
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