«Da cibo popolare a simbolo globale. In queste due parole sta tutta la storia della pizza, bandiera planetaria dell’Italia da mangiare. È dal Settecento che questo capolavoro della gastronomia e dell’arte del vivere popolare ha iniziato la sua irresistibile ascesa dai vicoli napoletani ai quattro angoli del globo fino a diventare un emblema del Belpaese e in particolare di quel doppio concentrato d’italianità che è Napoli». Così scrive Marino Niola nella Presentazione del manuale realizzato dal maestro pizzaiolo Enzo Coccia, da Paolo Masi e da Annalisa Romano, intitolato La Pizza Napoletana ...più di una Notizia scientifica sul processo di lavorazione artigianale (Doppiavoce, pp. 172, € 25,00). Napoletano verace, classe 1962, Coccia è titolare della pizzeria “La Notizia”, rinomata in tutta Europa e anche fuori (giornali del calibro del New York Times e di Le Monde l’hanno definita la migliore d’Italia, e quindi del mondo). Masi, invece, è docente di Ingegneria dei Processi alimentari presso l’Università di Napoli “Federico II”, mentre Romano è manager del Caisial (Centro per l’innovazione e lo sviluppo in campo alimentare) del medesimo ateneo. I singoli capitoli affrontano con rigore scientifico le tematiche inerenti alla genesi della pizza napoletana: la farina di frumento, l’impasto, il processo di lavorazione artigianale inclusivo di lievitazione, farcitura e cottura.
Un mosaico complicato di scienza e passione
«A prima vista la pizza appare, agli osservatori poco attenti, quasi un prodotto banale: un disco di pasta lievitata, guarnito a piacere secondo l’estro del pizzaiolo, cotto per brevissimo tempo in un forno a riverbero alimentato a legna. La realtà è molto più complessa di quanto appare; la farina, l’acqua, il lievito e il sale sono fra gli ingredienti più comuni adoperati in cucina, tuttavia la loro natura, le reciproche interazioni e quindi il rapporto relativo e la sequenza temporale con cui vengono miscelati, influiscono in modo determinante sulle proprietà dell’impasto; il tempo, l’umidità e il modo stesso con cui vengono effettuate tutte le fasi della preparazione e della cottura si rifletteranno sulle caratteristiche della pizza: l’aspetto, l’aroma, il sapore e la sua stessa digeribilità». Così gli autori specificano quanto sia elaborata l’alchimia destinata, come in una vera e propria “opera al nero”, a sbocciare in quella soffice melodia di sapori, profumi e colori che è la pizza napoletana: prepararla significa anzitutto possedere una vocazione artigianale ricca di sfaccettature creative, di fantasia, di sapiente manualità. Il testo si sofferma su una ritualità culinaria dalle radici antiche: il movimento a spirale con cui si spargono il pomodoro, il sale e l’origano sul centro del disco di pasta; lo spicchio d’aglio spellato e affettato, le foglioline di basilico fresco; l’oliera a becco per distribuire l’olio. E sulle regole d’oro della cottura: uniformità, densità e consistenza del pomodoro (che deve essere solo asciugato, non seccato); fusione della mozzarella; persistenza dell’aroma di aglio, basilico e origano, scaldati ma non bruciati. Illuminanti sotto il profilo nutrizionale le tabelle sulla composizione del frumento e della farina, e sui requisiti legali richiesti riguardo l’umidità, le ceneri e le proteine. Adeguata attenzione è dedicata anche agli ingredienti dell’impasto: l’acqua (fondamentale la valutazione della sua durezza), il lievito indispensabile per la fermentazione, il sale da cui dipende la croccantezza del bordo. Anche se riservato esclusivamente agli addetti ai lavori, vale oro colato il capitolo dedicato ai requisiti tecnologici delle farine, contenente informazioni preziose come ad esempio quelle sull’attitudine fermentativa. Altrettanto interessante il Glossario: dopo averlo letto si arricchisce il proprio vocabolario con termini come “reometria” (disciplina della Fisica che studia la deformazione e il flusso della materia). Se l’intento degli autori era quello di offrire un testo «di facile e appassionante lettura, con informazioni utili a comprendere il perché avvengono le tante cose viste nella pratica», ci dobbiamo complimentare con loro: ci sono riusciti in pieno.
Visioni fragranti della mitica pizza napoletana
Il ricco inserto fotografico del volume, a cura dell’architetto casertano Mario Ferrara, fotografo di fama internazionale, è un vero e proprio gioiello incastonato fra le pagine del volume. Vediamo emergere dalla pagina il cornicione laminato della pizza che rosseggia di pomodoro innevato dalla mozzarella appena fusa, oppure il riverbero fiammeggiante del forno alimentato a legna, una sorta d’inferno dantesco che, invece di arrostire torme di dannati ci porta nell’eden del gusto, e con il suo calore trasforma rapidamente l’impasto lievitato in una costellazione di alveoli. Un’espansione di sostanze gassose che, mediante la migrazione interna dei componenti dell’impasto, plasma le caratteristiche del prodotto finale: il cornicione dalla crosta bruna generata dalla “reazione di Maillard”, il luccichio dorato dell’olio extravergine d’oliva, il biancore latteo delle isole di mozzarella liquefatta. E infine, a supporto del capitolo riservato alla risoluzione di eventuali problemi, l’obiettivo di Ferrara cattura il soffice gonfiore dell’impasto lievitato trasfigurandolo in forme che sembrano uscite da un quadro surrealista di Magritte, oppure fa esplodere l’immagine della pizza appena sfornata sul tagliere in un caleidoscopio tricolore (il basilico verde, la mozzarella bianca, il pomodoro rosso), in un cratere variopinto di vulcaniche delizie, in un medaglione cromatico di sapori da addentare con voluttà.
Guglielmo Colombero
(direfarescrivere, anno XI, n. 120, dicembre 2015)
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