Cos’è la scienza? Il termine deriva dal latino scientia e significa conoscenza; oggi si intende la ricerca con metodi rigorosi e sistematici che raccoglie e descrive i fenomeni del reale, dandoci una conoscenza quanto più possibile vera e oggettiva. L’interesse dell’essere umano per i fenomeni naturali si registra dai tempi più antichi, basti ricordare gli Egizi, i Greci, i Romani e così via; addirittura potremmo risalire sino all’epoca paleolitica o neolitica, quando l’uomo primitivo inizia a fare le prime scoperte: utilizza il fuoco come arma, costruisce rudimentali abitazioni e fabbrica da sé utensili, armi e ogni genere di necessità. Tutto ciò che è progresso può essere classificato come scientifico se supportato e dimostrato da leggi e regole che ne spiegano il funzionamento.
Gli scienziati più antichi che hanno indirizzato la loro ricerca filosofica e scientifica verso la scoperta del mondo e delle sue regole sono Pitagora, Platone, Aristotele, Archimede, filosofi naturali che osservano il reale e svelano i reconditi meccanismi che si celano dietro i fenomeni della natura. Ma cosa muove il loro interesse? Il desiderio di conoscenza e il senso di stupore di fronte al reale, la curiosità. Gli scienziati possono essere paragonati ai bambini: con occhi pieni di meraviglia osservano ciò che non conoscono ed esplorano, sperimentano, per cercare di capire, di risolvere.
La scienza, però, non è un sapere da sempre condiviso e accettato dalla collettività, a volte turba, spaventa, risulta scomoda. Nel saggio di Andrea Candela Dal sogno degli alchimisti agli incubi di Frankenstein. La scienza e il suo immaginario nei mass media (Franco Angeli, pp. 268, € 28,00) si ripercorre l’evoluzione storica della comunicazione scientifica, ovvero la divulgazione del sapere tecnico trasmesso alla comunità dai giornali e dai media.
Mostri, maghi, alchimisti o uomini senza scrupoli?
Da sempre ciò che non si conosce desta paura ed è visto con sospetto dalla collettività. Così anche lo scienziato, fin dagli albori accostato a figure appartenenti alla sfera del mito, del racconto popolare e della leggenda. Basti ricordare i personaggi che popolano la nostra letteratura (Frankenstein, Dr Jekyll e Mr Hyde), l’epica, l’arte (Prometeo, Ulisse, Faust) e persino i cartoni animati e i film (il dottor Octopus, lo scienziato folle in Spiderman).
«I sospetti e la paura verso la scienza sono alimentati da quattro sentimenti: che la scienza è incomprensibile; che le sue conseguenze pratiche e morali sono imprevedibili e forse catastrofiche; che essa sottolinea la debolezza dell’individuo e mina l’autorità. Né infine dobbiamo trascurare il sentimento che, nella misura in cui la scienza interferisce con l’ordine naturale delle cose, essa risulta pericolosa».
Lo scienziato è visto come un individuo diabolico, ossessionato dai suoi esperimenti, trasandato, «eccentrico ed asociale: un folle sacrificato anima e corpo alla causa della sperimentazione scientifica».
Il sapere scientifico era legato all’occulto, all’esoterismo e alla magia; nell’immaginario collettivo lo scienziato era uno stregone, un mago o un alchimista, che leggeva formule strane in lingue incomprensibili, creando così le sue misture miracolose. Anche la stessa religione guardava ai ricercatori con occhi guardinghi e sospettosi: tutto ciò che non si conosceva o non veniva esplicitato nella Bibbia era legato al demonio. Gli episodi della «Genesi, ma anche di molti altri miti come quello del Golem ebraico o dell’ellenico Vaso di Pandora, erano riverbero di una profonda iconografia popolare che schiudeva ad un complesso di credenze comuni circa l’esistenza di conoscenze vietate (il frutto proibito) e la convinzione che il progredire del sapere tra gli uomini potesse essere origine di mali prima ignoti».
Addirittura il noto Isaac Newton era considerato un mago per aver pronunciato la sua teoria: «Lasciò ai posteri un forziere traboccante di manoscritti alchemici e teologici. Una serie prolissa di annotazioni sulle possibilità di trasmutazione degli elementi, sulla pietra filosofale e sugli elisir di lunga vita. Andavano sommandosi ad esse profonde riflessioni sull’Apocalisse […]. Il Newton alchimista e teologo si fonde con il filosofo naturale brillante e pieno di ingegno, autore di una delle leggi fondanti della fisica classica, quella della gravitazione universale».
Ciò che non era condiviso dalla Chiesa − come in minor misura avviene ancora oggi − doveva essere distrutto: Galileo Galilei fu costretto ad abiurare le sue teorie nel XVII secolo. L’aura magico-esoterica attribuita a questa professione dall’immaginario collettivo dipende dal fatto che lo scienziato possieda la conoscenza di pratiche e nozioni riservate a una élite, non facilmente comprensibili a causa dell’utilizzo di un linguaggio particolare. «Fu solo a partire dalla seconda metà del diciottesimo secolo che, con la progressiva istituzionalizzazione della professione dello scienziato, il sapere scientifico giunse a separarsi in modo definitivo dagli ambiti dell’esoterismo e dell’occulto, sebbene con le dovute eccezioni».
La divulgazione scientifica attraverso i media
Oggi i primi fruitori e i divulgatori del sapere scientifico sono proprio i mezzi di comunicazione di massa, che interpretano «i chiaroscuri della scienza e della tecnologia», ruolo che prima era svolto dalla letteratura, dall’arte, dal teatro, dalla stampa periodica e infine dai racconti mitici di origine popolare e folkloristica. «Le immagini del senso comune, ricorrenti nell’informazione giornalistica come in altre forme di espressività (artistica e/o popolare), al pari di specifici pregiudizi scientifici o particolari visioni del mondo, tutt’oggi influenzano le strutture di pensiero con cui gli stessi scienziati interpretano i fenomeni naturali, ma anche il loro mestiere e la sua relazione con la società».
Poiché la scienza utilizza un linguaggio troppo complesso e tecnico, i media trasmettono le comunicazioni mediante un linguaggio più semplice, popolare, utilizzando miti folkloristici per poter arrivare alla gente comune; questo però ha determinato la creazione di “bufale” scientifiche, un’abitudine che «divenne una prassi alquanto diffusa nella stampa periodica popolare ottocentesca che, non di rado, si nutriva altresì delle dichiarazioni incaute degli stessi scienziati e di personalità affermate o autorevoli. Le rivelazioni di cui studiosi, intellettuali ed eruditi si fecero talora artefici finirono per alimentare un folklore scientifico già predominante nel senso comune».
Spesso i media non si limitano a riportare i fatti in modo oggettivo e rigoroso ma li interpretano in maniera metaforica e allegorica, creando una realtà che richiama ad uno specifico immaginario condiviso dalla collettività, talvolta distorcendo l’informazione.
La scienza oggi
Non bisogna ingenuamente credere «che oggi la situazione sia cambiata, nonostante il progressivo svincolarsi della scienza dai retaggi della magia, del misticismo a sfondo più o meno religioso e della superstizione, senza ignorare, almeno per una buona parte della popolazione mondiale, la crescita dei livelli di istruzione e del grado di acculturazione, nonché il diffondersi delle tecnologie di massa. Malgrado tutta la scienza e la tecnologia dell’evo contemporaneo, il “popolo”, adottando le parole di Luigi Garlaschelli, “vuole [ancora] miracoli”».
Selene Miriam Corapi
(direfarescrivere, anno X, n. 97, gennaio 2014) |