La “Questione femminile” in Italia:
dall’associazionismo caritatevole
alle antesignane sociologiche
Anche nello Stivale, nel XIX secolo, le donne sono coinvolte
in mutamenti che riguardano l’intero assetto della società
di Ivana Ferraro
Proseguendo la trattazione inerente alla “Questione femminile”, di cui, nell’ultimo contributo si è approfondito il contesto francese e tedesco (per leggere il contributo clicca qui: http://www.bottegaeditoriale.it/lacultura.asp?id=245), è inevitabile approfondire anche il contesto inerente alla penisola italiana.
In merito, in prima battuta, è inevitabile riferire che nell’Italia del XIX secolo, le donne sono implicate in mutazioni evolutive che riguardano l’intero apparato sociale: nella prima metà dell’Ottocento, tuttavia, esse risultano, dai dati di fatto, confinate nella sfera domestica e dipendenti dai padri, dai mariti e poi dai figli.
La forte impronta patriarcale, rispetto al resto delle loro colleghe europee, vigente nelle istituzioni socio-politiche più determinanti non ha permesso loro di accedere, tra i tanti esempi, all’istruzione superiore. Quest’ultima diventa terreno di scontro e di battaglie: infatti, il tasso di analfabetismo fra le donne all’Unità di Italia raggiunge livelli drammatici e deplorevoli, nel 1881 appena il 5% delle bambine arrivano a completare la scuola elementare.
L’impegno “forzoso” e umanitario delle donne intellettuali italiane: Ersilia Majno
Attorno alla metà del XIX secolo le donne sono investite di nuovi ruoli sociali e diventano figure di spicco della vita nei centri urbani: sono presenti nei circoli intellettuali, sono attive nel dibattito, le più colte pubblicano scritti, articoli, romanzi e pamphlet. La loro presenza nella sfera pubblica, d’altro canto, era già palese nelle organizzazioni per l’assistenza e la cura dei più bisognosi di matrice laica o religiosa, in cui l’azione filantropica rappresentava per esse la principale strada di partecipazione sociopolitica.
Tra le azioni filantropiche portate avanti dalle donne intellettuali in quegli anni vanno ricordate le Opere Pie oppure l’esperienza delle Mariuccine, nella cui fondazione sarà centrale Ersilia Bronzini in Majno (Milano, 22 giugno 1859 – Milano, 17 febbraio 1933), la quale inizia la sua opera di assistenzialismo in qualità di guardia ostetrica diurna e notturna presso la fondazione Ravizza di Milano. In questo luogo incontra Anna Kuliscioff con la quale stringe un importante rapporto di amicizia.
Presso lo stesso ente, ella si prende in carico l’onere di ricercare e chiedere fondi tra le donne più facoltose della borghesia milanese e si adopera per impostare il servizio non solo come presidio medico-sanitario, ma anche come un luogo in cui le proletarie potessero discutere e trattare dei propri problemi di vita e di lavoro con altre donne. Aderisce poi all’Associazione generale delle operaie e ne diviene dopo poco tempo presidente.
Tra le più intraprendenti promotrici di una legge per la tutela della gravidanza e della maternità delle lavoratrici, riesce a portare all’attenzione dei più impegnati l’analisi delle condizioni di lavoro delle donne all’ordine del giorno sia in ambiti congressuali nazionali, sia in ambito giornalistico.
Purtroppo, l’assenza e la mancanza di una legislazione in merito, la condurrà a impegnarsi nell’attivazione delle Casse di maternità.
Nel 1898, con Edvige Vonwiller (Gessner), Ada Negri, Jole Bersellini (Bragiola) e altre colleghe ipotizza di unire le associazioni, specie quelle operaie, in un’unica organizzazione-ombrello che le sostenga reciprocamente.
Con l’elezione a consigliera di amministrazione dell’Ospedale maggiore di Milano, dà vita a Milano all’Unione femminile nazionale. Subito dopo, dirige il giornale L’Unione femminile in cui si suggeriscono inchieste sulla condizione delle lavoratrici, analisi, recensioni di libri e studi, poesie, notizie sulle attività del femminismo in Italia e all’estero, informazioni di carattere giuridico, insomma tutto ciò che possa contribuire alla diffusione dell’idea.
Antesignana di un modello di assistenza sociale i cui criteri sono ancora ritenuti validi, ipotizza e realizza con Costanza “Nina” Rignano Sullam ed Elisa Boschetti una delle opere più significative dell’Unione femminile, gli Uffici indicazioni e assistenza. Una volta avviati, gli uffici saranno gestiti in consorzio con la Società umanitaria, presi come modello di intervento dal Comune di Milano. La stessa, individua nel contrasto allo sfruttamento e all’abuso sessuale uno dei settori sociali prioritari di intervento per «l’elevazione della donna».
In seguito alla morte della figlia Maria "Mariuccia", è fautrice e assidua organizzatrice dell’Asilo Mariuccia che, da lì a poco, diventerà Ente morale, come già summenzionato. La finalità dell’ente è quella di recuperare bambine e ragazze vittime di abusi sessuali ed è in continuità con il Comitato contro la tratta delle bianche. Il Comitato, invece, ha l’obiettivo di contrastare la prostituzione attraverso opere concrete: analisi del fenomeno, collaborazione con la polizia, miglioramento delle condizioni economiche, culturali e sociali delle donne sfruttate, azioni volte a intercettare e interrompere la catena del traffico sessuale.
Il suo prezioso e lungimirante lavoro svolto intorno a tutte le tematiche sociali, approfondite anche in campo giuridico, la pongono in una posizione di privilegio perché è rappresentante indiscussa di come, giorno dopo giorno, le cosiddette “opere caritatevoli” abbiano avuto un’emancipazione sui problemi del ruolo della donna che, da semplice “crocerossina”, trasmuti la propria missione in una professione deontologicamente e politicamente predominante.
È, il suo, uno sguardo a tutto campo non solo sulle donne come oggetto di dominio e sfruttamento, ma anche e soprattutto come soggetto della propria emancipazione.
L’evoluzione pragmatica conseguenti alle opere assistenziali
Contemporaneamente, si fanno avanti i primi movimenti femministi con una linea suffragista, internazionale ed egualitaria concentrata sulla battaglia per il pieno accesso delle donne alla sfera dei diritti. Il delinearsi, sotto l’impulso del progresso tecnologico, di nuove figure professionali (per esempio, dattilografe, maestre, telefoniste, impiegate, ecc.), nonché il consolidamento dell’operaismo femminile, permettono la nascita nel 1880 della Lega promotrice degli interessi femminili, a opera di diverse figure di spicco, fra le quali Anna Maria Mozzoni. Sotto l’influenza azionistica di eventi emancipativi del ruolo della donna, si intraprendono altresì ricerche e studi in cui ella diventi a un tempo soggetto e oggetto di moltepici percorsi sociologici.
Qualche anno dopo si avvicinerà alla Lega, di cui summenzionata, anche la socialista Anna Kuliscioff (Sinferopoli, 9 gennaio 1857 – Milano, 29 dicembre 1925), emigrata ebrea dalla Russia, giunta, dopo diverse vicissitudini in Svizzera e altre città europee, a Torino nel 1888 e poi a Padova per specializzarsi in ginecologia: con il trasferimento a Milano il suo impegno professionale, prendendosi cura delle fasce più deboli ed emarginate della città, si conduce sempre più verso una forma di attivismo sociale per le donne più svantaggiate e di femminismo socialista riformista, di cui la Kuliscioff è la principale esponente.
Con Filippo Turati, suo compagno, fonda nel 1891 presso la propria abitazione, la rivista Critica Sociale, dove pubblicherà editoriali in difesa dei diritti delle donne, accompagnati da profonde riflessioni sulle cause della subalternità femminile. Il suo impegno indefesso e la sua caparbia tenacia, nonostante affetta da malattie importanti, la rendono unica e speciale tanto da essere definita: «Il migliore cervello politico del socialismo italiano fu realmente quello della soave e fiera donna, innanzi alla quale non vi fu mai chi non si chinasse deferente e ammirato, persino Mussolini compreso» [1]. Nel suo salotto milanese inizia un’intricata rete di contatti e scambi nazionali e internazionali, fra le intellettuali italiane dell’epoca.
Ivana Ferraro
[1] Carlo Silvestri, Turati l’ha detto. Socialisti e Democrazia Cristiana, Rizzoli, Milano, 1947, p. 55.
(direfarescrivere, anno XX, n. 225, novembre 2024)