Anno XX, n. 225
novembre 2024
 
La cultura, probabilmente
La compartecipazione delle donne
alla riconfigurazione degli oggetti
precipui della ricerca sociologica
Per la “Questione femminile” risulta inevitabile soffermarsi
con attenzione sul contesto tedesco e su quello francese
di Ivana Ferraro
Per quanto possa essere stato diffusivo e pervasivo l’interesse per le scienze sociali e, quindi, delle analisi e sintesi di cui si sono occupate le “donne intellettuali” europee, non sempre il contesto storico-politico del paese di riferimento ne ha determinato le stesse sorti. Ed è questo il caso della Germania e in parte anche quello della Francia.
Così, dopo aver messo in risalto diversi elementi legati alla “Questione femminile” con vari contributi (di cui l’ultimo si può leggere visitando questo link: : http://www.bottegaeditoriale.it/laculturaprobabilmente.asp?id=244) in questo contesto si farà notare come, nel paese teutonico, l’assetto storico-politico-culturale diverso in cui la ricerca sociologica muove i suoi primi passi non ha certamente ottenuto i medesimi supporti e, di conseguenza i risultati di cui la corrispondente ricerca inglese di quegli anni abbia potuto usufruire.
Tutto ciò è dovuto al fatto che una delle fonti del pensiero sociologico tedesco è stata fin dall’Ottocento la speranza in una canalizzazione del capitalismo attraverso la politica sociale, che poi trovò espressione nell’idea della “monarchia sociale” e in ultimo, la più conosciuta, nella antisocialistica legislazione sociale del cancelliere Bismarck.
Da queste premesse, si deduce chiaramente e palesemente quale ne sia stato l’andamento.

Aspetti salienti della ricerca sociologica tedesca
Nel contesto tedesco è notoria la posizione di Marianne Schnitger (Oerlinghausen, 2 agosto 1870 – Heidelberg, 12 marzo 1954) soprattutto per esser stata la moglie di Max Weber più che per il supporto alla ricerca sociologica. Prima di curare la pubblicazione dei testi del marito, tuttavia, scrive numerosi saggi di sociologia storica e di diritto, nonché opere frutto dello scambio e del dibattito che si sviluppa nei salotti e nei circoli intellettuali dell’epoca, che offrono alle donne preziose occasioni di incontro con gli accademici.
A tal proposito, è necessario ricordare come all’interno della sociologia tedesca, Holzhauser ricostruisce un vasto e originale data-base, a partire dall’analisi sistematica di alcuni manuali, ritrovando 957 studiosi riconosciuti dai loro contemporanei intorno agli anni Trenta del Novecento fra gli scienziati sociali, di cui 35 donne (Quantifying the exclusionary process of canonization, or how to become a classic of the social sciences, in International Review of Sociology, 2021, vol. 31, n. 1, pp. 97-112).
Holzhauser rivela attraverso rigorosi e dettagliati dati quantitativi come le donne in Germania siano state sistematicamente e scrupolosamente escluse dal processo di sistematizzazione scientifica, indipendentemente dal loro capitale sociale e culturale. L’unica possibilità delle donne di entrare nel sistema fino al 2000, secondo il suo studio, si è manifestata tramite ricostruzioni della sociologia femminista e volumi dedicati esclusivamente a loro.
Infatti, mantenendo la struttura temporale precedente, dopo Marianne Schnitger, dal 1860 in poi, numerose associazioni femminili iniziano il loro lavoro per promuovere i diritti delle donne, ma solo grazie all’unione delle Organizzazioni femministe tedesche (Bund deutscher frauenvereine, Bdf) prende forma un movimento che lavorerà con politici e intellettuali di spicco dell’epoca per promuovere la parità di genere. Tra queste donne vi è anche Marianne Schnitger, presidente del Bdf nel 1919 e membro del Partito democratico tedesco (Ddp), con l’elezione nella Repubblica di Baden.
Dialogando e distanziandosi da Max, Marianne Schnitger introduce “una sociologia centrata sulla donna”. Marianne analizza il ruolo della donna da un punto di vista storico e giuridico, producendo saggi in grado di racchiudere preziose ricostruzioni della realtà tedesca, criticando la lettura essenzialistica della differenza fra i sessi proposta da Simmel, ricostruendo piuttosto i meccanismi storico-sociali, culturali e di disparità di potere che hanno impedito nei secoli la partecipazione della donna alla sfera pubblica e alla produzione della cultura oggettiva.
Sulla base di queste considerazioni, ella mette in piedi delle analisi storico-comparative accurate – si veda il testo Moglie e madre nello sviluppo della legge del 1907, apprezzato e recensito da Durkheim nel 1909 – in cui rappresenta dei tipi ideali come modelli esperenziali della mutevole realtà femminile, prendendo in giusta considerazione l’emancipazione dall’autorità all’autonomia nel matrimonio, la classificazione di diverse generazioni di studiose e la differenziazione tra donna tradizionale e moderna.

Cosa succede nel panorama francese?
Contemporaneamente, anche in ambito francese, gli studi di Hélène Charron identificano donne che intervengono sulla scena scientifica tra il 1890 e il 1914. Alcune seguono le tracce pionieristiche di Jenny P. d’Héricourt che già nel 1860, con il testo La femme affranchie, dibatteva con i contemporanei Comte, Proudhon e Michelet, rivendicando l’uguaglianza per le donne tramite importanti e significative riflessioni sociologiche. Fra le sociologhe, troviamo pensatrici che collaborano con alcuni enti specifici, tra cui la Società di Sociologia di Parigi aperta anche ai non accademici e non specialisti, e attive nella cosiddetta stampa militante.
Tra le giornaliste spicca Jane Misme, direttrice della rivista La Française, che in un testo del 1908 compara il “tipo ideale” della professoressa a quello della religiosa, evidenziandone somiglianze (quali la povertà, l’obbedienza e il nubilato) e disuguaglianze salariali.
Sulla rivista La Fronde, fondata e gestita da sole donne, compaiono gli studi quantitativi e qualitativi di Kaethe Schirmacher sul lavoro delle donne, per le quali il doppio compito del lavoro salariato nello spazio pubblico e del lavoro gratuito in famiglia nuoce all’autonomia femminile.
Schirmacher, nata e cresciuta a Danzica, viaggiatrice e multilingue, europea cosmopolita, arriva a Parigi per la prima volta alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento con un dottorato di ricerca conseguito a Zurigo: comparando le situazioni economiche delle lavoratrici in diversi paesi europei e negli Usa, mette in evidenza divari salariali enormi e degrado economico, a causa della condizione sociale, civica, politica di inferiorità di cui soffrono rispetto all’uomo.
Schirmacher parla inoltre apertamente della piaga della prostituzione, unendosi al dibattito internazionale sul tema, e si sofferma sulle cause economiche del problema, considerando le donne non esseri immorali, senza virtù o “criminali nate” – come, di contro, avevano insistito il criminologo italiano Cesare Lombroso e altri – ma piuttosto donne povere afflitte dalla miseria materiale e vittime di un “ordine sociale deplorevolmente e dolorosamente difettoso”, che alimenta la prostituzione nei porti e nelle città e il traffico di donne e minorenni. Tema da affrontare come problema sociale e collettivo attraverso la sindacalizzazione, la formazione professionale e la legge.
Nel 1902, Schirmacher pubblica il suo studio Le travail de femmes en France, basato su un’analisi di fatti e dati sul lavoro delle donne in tutti i settori, considerando il carico extra di lavoro della lavoratrice, moglie e madre, che fa meritare alle donne che vivono in tali condizioni l’appellativo di “sesso forte”.
In un articolo del 1904 sul lavoro domestico delle donne, Schirmacher contesta i teorici economici più convenzionali che giudicano il lavoro domestico come improduttivo e propone di considerare le casalinghe parte della popolazione attiva e produttiva.
Queste e altre sociologhe francesi, secondo Charron (Charron, H. Les formes de l’illégitimité intellectuelle. Les femmes dans les sciences sociales françaises, 1890-1940, 2013, Paris, CNRS éditions), pur senza ottenere un riconoscimento intellettuale per la qualità scientifica del loro lavoro, compartecipano alla riconfigurazione degli oggetti di ricerca della sociologia.

Ivana Ferraro

(direfarescrivere, anno XX, n. 224, ottobre 2024)
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