Anno XX, n. 224
ottobre 2024
 
La cultura, probabilmente
La questione femminile:
le donne diventano
un soggetto storico-politico
Un nuovo scenario dato dalla realtà storico-sociale,
dalle riforme e dal nuovo approccio verso la conoscenza
di Ivana Ferraro
In questo contributo continuiamo la nostra dissertazione sulla questione femminile. In precedenza, ci eravamo soffermati sulla storia moderna del femminismo mostrando come il genere e il ruolo sociale della donna sono temi assai complessi in cui coesistono vari fattori culturali, storici, economici e politici (per leggere l’articolo clicca qui: www.bottegaeditoriale.it/laculturaprobabilmente.asp?id=239). Inoltre, abbiamo avuto modo di analizzare i diversi risvolti sociali, mostrandone sia i punti di forza, sia i punti deboli (l’articolo si può leggere cliccando su questo link: http://www.bottegaeditoriale.it/lacultura.asp?id=240). L’obiettivo è stato quello di dare la possibilità di destreggiarsi con più cognizione fra i falsi miti e le ideologie differente che si incontrano nel tratteggiare le peculiarità del movimento femminista.
In questo contesto risulta opportuno evidenziare come nell’analisi del ruolo delle donne agli inizi della sociologia, la diversa realtà storico-sociale, il nascente interesse verso un approccio sperimentale della conoscenza e il riformismo sociale sono condizioni che hanno portato a delineare un nuovo scenario.
Sulla scia di questo “nuovo” contesto le donne compaiono sulla scena pubblica sia come intellettuali e ricercatrici in quanto “soggetto” quindi della sociologia sia come “oggetto” degli studi sociologici.
È tra l’Ottocento e il Novecento che si maturano una serie di circostanze in cui si innesta successivamente la produzione sociologica a opera di alcune donne: in prima istanza alla Rivoluzione industriale e allo sviluppo economico che ne deriva, nonché ai processi migratori e di urbanizzazione cui consegue il diffuso sviluppo delle città.
I centri urbani diventano il perno dei cambiamenti sociali correlati alla diffusione delle fabbriche e del lavoro operaio che coinvolge a un tempo uomini e donne. Nei contesti lavorativi e nei centri cittadini, le donne sono visibili in un mutato assetto sociale e sono oggetto di interesse di studi sperimentali, compiuti spesso da altre donne che indagano sulle loro condizioni di vita e di lavoro, sui diritti goduti o negati e sui probabili miglioramenti degli stessi.

Emancipazione dei ruoli sociali delle donne
Se lo stato di avanzamento del processo di modernizzazione si attua in tempi e modalità differenti a seconda del territorio interessato, il passaggio dal secolo XIX al XX sembra essere segnato da un dibattito che vede coinvolti, in maniera trasversale, i nuovi ruoli delle donne nella sfera sociale e lavorativa, come dimostra il lavoro della Hull House di Jane Addams e delle sue compagne nel contesto industrializzato di Chicago, oppure come testimoniano le riflessioni nel contesto britannico di Eleanor Marx con Edward Aveling o di Beatrice Potter Webb.
In Italia, un po’ più tardi Elisa Salerno osserva le medesime trasformazioni e riflette sulle conseguenze sociali e culturali dell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Nel 1909, Salerno, dalle pagine del giornale Donna e Lavoro, assiste al cambiamento nelle relazioni tra uomini e donne nella vita privata e pubblica, quindi, suggerisce che questo aspetto necessiterebbe di un approccio di studio e di ricerca di tipo sociale per poter essere meglio affrontato, gestito e regolamentato.
In questo momento storico, le donne diventano in seconda istanza un soggetto storico-politico, organizzandosi in movimenti attivi in Europa e in America, impegnati nella battaglia per l’uguaglianza fra i sessi soprattutto in tema di diritti politici.
Per citare alcuni esempi, basti ricordare, nel contesto tedesco, il Bund Deutscher Frauenvereine, attivo tra il 1890 e il 1920, cui partecipa la stessa Marianne Schnitger Weber sia come attivista sia come intellettuale, o, in ambito britannico, la Women’s social and political union (Wspu), un’organizzazione fondata nel 1903 dalla suffragista Emmeline Pankhurst, cruciale per l’ottenimento del diritto di voto femminile nel paese nel 1918.
La presenza delle donne alle origini della sociologia, in terza istanza, si collega alle riforme dei sistemi di istruzione nei quali, man mano, cadono le barriere di accesso agli studi superiori e universitari. Esse vivono sulla propria pelle la condizione di nuove arrivate che cercano di diventare parte di una comunità scientifica, come estranee all’interno del mondo accademico in cui si muovono con una prospettiva specifica rispetto alle questioni sociali emergenti. Incominciano a prendere parte al dibattito intellettuale studiando da autodidatte, inserendosi come uditrici e allieve nelle aule universitarie, prima che possano a pieno titolo laurearsi e avviare la carriera accademica, o ottenere dei ruoli significativi come direttrici di dipartimento e presidi di facoltà.

Fattori determinanti nell’affermazione della donna in campo sociologico
Le due ultime condizioni che identifichiamo come determinanti riguardano, prettamente, le finalità e i metodi della sociologia. Rispetto agli obiettivi della disciplina, la ricaduta sociale e la pratica della ricerca della emergente scienza sociale, come quarto aspetto, è anche una facciata del significativo ruolo svolto da molte donne nel campo delle riforme sociali e della filantropia laica o di origine religiosa e anche del dibattito sviluppatosi attorno a gruppi, riviste e centri di ricerca.
In questo filone, alcune fra le Women founders mostrano in maniera piuttosto coinvolgente e personalistica di fare ricerca anche in un rapporto di vicinanza con coloro che partecipano alle indagini, con un’attenzione specifica alla divulgazione, diffusione dei risultati e all’impatto sociale.
Nello sviluppo della sociologia, come quinto e ultimo punto, le donne rivestono un ruolo centrale nell’affermazione del metodo empirico nelle scienze sociali e nell’utilizzo sistematico di tecniche sempre più oggettive e oculate nella raccolta dati e analisi. La canadese McDonald, che ha dedicato gran lungo tempo al sostenimento di questa tesi, afferma che, per secoli, generazioni di donne hanno scelto la metodologia scientifico-sperimentale ritenendola efficace, in quanto la conoscenza fattuale del mondo sociale e i dati sono da lei considerati fondamentali per contrastare pregiudizi e ideologie patriarcali, garantendo l’obiettività contro la soggettività delle autorità maschili e delle loro teorie.
McDonald giunge al punto di dichiarare che se queste donne avessero avuto maggiore influenza, la dimensione applicata della disciplina si sarebbe evoluta e diffusa più rapidamente.

Ivana Ferraro

(direfarescrivere, anno XX, n. 221, giugno 2024)
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