Il significato più profondo della Storia risiede non solo nel ricordo e nella testimonianza del passato, ma anche e soprattutto nel valore che il racconto di questo passato ha e dovrebbe avere per il tempo presente, un monito a non commettere più gli stessi errori e a prendere le distanze da certi atteggiamenti politici di cui sono già note le disastrose conseguenze.
Il libro della storica Katia Massara intitolato Vivere pericolosamente. Neofascisti in Calabria oltre Mussolini (Aracne, pp. 172, € 10,00) racconta uno spaccato ben preciso della storia calabrese subito dopo la caduta del fascismo, ma come sottolineato dallo storico Andrea Mammone nella Prefazione, che di seguito riportiamo, ha un respiro ben più ampio rispetto alla pur interessante cronachistica locale e mostra le pesanti ripercussioni che il fenomeno del neofascismo ha generato nel tempo presente.
Innanzitutto un libro di storia quindi, ma in cui gli eventi storici divengono presente e attualità e a cui le parole introduttive di Mammone forniscono una sorta di guida alla lettura per chiunque vi si approcci.
Bottega editoriale
Prefazione
Ha senso riflettere, discutere e scrivere di neofascismo nel 2014, quando questo appare ai più, compresi buona parte dei media italiani, come un fenomeno minoritario, forse sparito e democratizzato, oppure ascrivibile a fenomeni come CasaPound, e quindi fondamentalmente senza alcuna rilevanza politica? Ovviamente l’interessante libro di Katia Massara non si pone tale questione. Eppure un lettore disattento, ubriacato dalla quotidianità politica e dalla retorica partitica, potrebbe porsi questi quesiti osservando il titolo e l’oggetto di queste pagine. Forse non avrebbe nemmeno tutti i torti, e qui risiede il nocciolo della pochezza del dibattito pubblico italiano. Il libro di Massara invece mostra come una storia calabrese, per molti versi essenzialmente locale, possa essere, senza alcun dubbio, una storia “nazionale”, “europea”, e sicuramente “rilevante” ai giorni nostri. Quella che la studiosa presenta, infatti, non è meramente una (significativa) descrizione dei fascisti in Calabria tra guerra e ricostruzione nazionale. È essenzialmente un frammento di qualcosa di più ampio. Sono pagine che raccontano la transizione italiana verso la democrazia, il difficile e complesso passaggio dalla dittatura ad un’altra forma di governo e organizzazione statale, un processo con ripercussioni notevoli sugli anni a venire. Proprio per questo non può essere catalogato e confinato nelle anguste (pur rispettabili) sfere della storia locale.
Questi sono anni significativi per la nascita della repubblica. Sono momenti in cui si intrecciano interessi nazionali ad esigenze internazionali, oltre alle influenze degli Alleati. Massara descrive questa fase storica raccontando una parte politica, quella degli sconfitti, con la loro resistenza al mondo nuovo della democrazia e i tentativi di rinascere politicamente e socialmente. Così facendo il libro entra, proficuamente, in una delle grandi contraddizioni italiane, esplicata in una serie di continuità con gli anni del regime fascista. I legami della burocrazia, ad esempio, “trasferita” da un assetto istituzionale all’altro, e soprattutto il sistema giudiziario, a volte eccessivamente compiacente, se non addirittura simpatizzante, con i fascisti. È questo un periodo in cui risulta difficile fare i conti con il passato, eppure sarebbe dovuta avvenire una più attenta selezione della classe dirigente, amministrativa e statale. Al contrario, anche queste pagine dimostrano come il “sabotaggio” non è esclusivamente quello dei fascisti che tentavano di formare la propria versione di Resistenza in camicia nera. Il sabotaggio è spesso interno allo Stato, che preferisce non “punire”, ovvero epurare, chi professava una fede non democratica. Questa continuità tra fascismo e postfascismo non è quindi solo quella ideologica professata dai neofascisti calabresi e di altre regioni. In questo contesto, il libro, insieme ad altri sullo stesso periodo storico, fa riflettere sul fatto di come gli anni della Guerra Fredda in Italia siano probabilmente iniziati prima che in altri Paesi europei.
Dal 1943 l’Italia è un laboratorio europeo, con contrapposizioni tra diverse visioni del mondo. La presenza di una forte sinistra comunista è uno dei punti chiave. E fin dal voto contro Mussolini nel luglio del ’43, molti fascisti (e la Calabria come scrive Massara è un avamposto e un centro di rinascita e resistenza fascista di rilevanza notevole) iniziano quel processo di ribellione e sfida all’Italia che li aveva, ai loro occhi, traditi. Questo cammino li porterà alla nascita del Movimento Sociale Italiano, inizialmente basato su un’ideologia nordista, sui miti della Repubblica sociale, però con il “vento del sud” per quanto riguardava la forza elettorale del partito. Qui si gioca appunto parte di quella contraddizione. Nonostante una costituzione antifascista si permette nei fatti la rinascita degli ideali mussoliniani nell’Italia democratica, con la formazione di un partito neofascista che diventa uno dei punti di riferimento della destra estrema europea fino agli inizi degli anni ’80. Qui si materializza uno degli esempi di quella guerra combattuta senza armi, sostituita dai soft powers, e che vede la penisola al centro della geopolitica occidentale. Parte delle forze americane preferiscono non punire eccessivamente i nemici di un tempo, per favorire un clima il più sfavorevole possibile ai movimenti di sinistra e in particolare al Partito Comunista Italiano e all’internazionalismo comunista. I sentimenti di resistenza dei fascisti, l’anticomunismo, le varie continuità tra fascismo, neofascismo e postfascismo narrate in queste pagine legano questo libro di storia locale, e italiana, alla storia dell’Europa occidentale del dopoguerra. Quello che Massara racconta è, almeno in parte e contestualizzate le peculiarità italiane, un fenomeno transnazionale. I fatti calabresi si legano a eventi parigini e fascisti stranieri. Il problema della continuità tra regimi e post-dittature è vissuto, a volte con difficoltà notevoli, pure in altri angoli del vecchio continente. Lasciando da parte la Germania, e l’Austria che si è spesso affrettata a esprimere una paradossale lontananza dal fascismo tedesco, la Francia, ad esempio, si presenta come una nazione di “resistenti”, l’epurazione è mitigata se non annacquata, e i comunisti, di fatto, estromessi dal governo di liberazione. Per non parlare della burocrazia e della legislazione di Vichy della quale non ci si riesce completamente a sbarazzare, considerando inoltre tale regime fino agli anni ’70, con la traduzione in francese dei lavori dello storico americano Robert Paxton, come qualcosa di lontano dall’ideale di fascismo. Infatti socialisti francesi di spessore nazionale militarono a Vichy e la storiografia nazionale ha costruito il mito di quella che è stata definita come “l’allergia francese al fascismo”. Tale processo ha dirette implicazioni politiche, come il fatto che il Front National dei Le Pen (primo partito nelle elezioni europee di maggio 2014) non venga considerato da alcuni come un partito neofascista e nemmeno di estrema destra. Proprio questo rivela, implicitamente, la rilevanza attuale di lavori come quello di Katia Massara. La sua storia “calabrese” è la storia di una comunità politica che non vuole sparire, di un gruppo, relativamente ampio, di attivisti che si ergono a difesa della loro ideologia, e successivamente di un partito che esiste dove, come e quando non avrebbe invece legittimità di farlo in un’Italia democratica e antifascista. Questo fa sì che l’arroccamento dei fascisti, a prescindere dalle differenze interne che si portano dietro dagli anni del primo fascismo e poi del regime, li porti a preservare quell’identità da alcuni definita da “esuli in patria”. Le pagine del libro narrano le loro storie e come queste arrivino a influenzare i decenni successivi. Quello però che descrivono è pure un approccio neofascista che dovrebbe farci riflettere, aiutandoci a comprendere il presente e la politica italiana degli anni recenti. Questi ideali (neo)fascisti non sono infatti spariti neanche oggi, a volte integrandosi con politica mainstream. Il Movimento Sociale trasformandosi in Alleanza Nazionale e poi entrando nei vari contenitori berlusconiani non ha attuato alcun vero processo di revisione ideologica. È avvenuto nei fatti una moderazione di parte della sua classe politica e la vittoria di una politica di entrismo nel sistema politico governativo e di alleanze che, come ricorda Katia Massara, erano portate avanti da alcuni missini dal 1946. Si è assistito invece a una rivisitazione bonaria del fascismo mussoliniano e alla sparizione dell’appellativo neofascista per politici che in altre nazioni sarebbero considerati di estrema destra. Tale banalizzazione produce, allo stesso tempo, una legittimazione del neofascismo. Eppure vari di quegli attivisti, proprio come i fascisti calabresi degli anni ’40 e ’50, passando ad Alleanza Nazionale non rigettano un ideale e nemmeno guardano criticamente alla storia del fascismo. Il che contribuisce oggi a quella mancanza italiana della quale Massara lamenta l’assenza, ovvero una destra tradizionale, conservatrice, oppure repubblicana. Guardando al passato, ad alcune dinamiche storiche, come quelle degli eredi del regime fascista nella Calabria di tanti anni fa, e collocandole in un contesto più ampio, si può allora tentare di comprendere meglio il presente. Libri di storia come questo dovrebbero infatti servire proprio a farci riflettere sul mondo in cui viviamo.
Londra, 23 settembre 2014
Andrea Mammone
(direfarescrivere, anno XI, n. 114, giugno 2015)
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